Spavento notturno

di in: Bazar

Immagine di Luigi Latino

ALCETA

Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno
Di questa notte, che mi torna in mente
In riveder la luna. Io me ne stava
Alla finestra che risponde al prato,
Guardando in alto: ed ecco all’improvviso
Distaccarsi la luna; e mi parea
Che quanto nel cader s’approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato; ed era
Grande quanto una secchia, e di scintille
Vomitava una nebbia, che stridea
Sì forte come quando un carbon vivo
Nell’acqua immergi e spegni. Anzi a quel modo
La luna, come ho detto, in mezzo al prato
Si spegneva annerando a poco a poco,
E ne fumavan l’erbe intorno intorno.
Allor mirando in ciel, vidi rimaso
Come un barlume, o un’orma, anzi una nicchia,
Ond’ella fosse svelta; in cotal guisa,
Ch’io n’agghiacciava; e ancor non m’assicuro.

MELISSO

E ben hai che temer, che agevol cosa
Fora cader la luna in sul tuo campo.

ALCETA

Chi sa? Non veggiam noi spesso di state
Cader le stelle?

MELISSO

Egli ci ha tante stelle,
Che picciol danno è cader l’una o l’altra
Di lor, e mille rimaner. Ma sola
Ha questa luna in ciel, che da nessuno
Cader fu vista mai se non in sogno.

Questo frammento fu composto nel 1819 e pubblicato per la prima volta tra gli altri Idilli nel Nuovo Ricoglitore di Milano del 1826 e nell’edizione bolognese dei Versi dello stesso anno.