Viaggio a Timbuctù /3

René Caillié tradotto da Barbara Fiore

di in: Timbuctù

Capitolo II

Sono obbligato a fare il medico – Diffidenza dei Mauri – Descrizione dell’accampamento del re a Lam-Khaté – Le scuole – Divertimenti delle donne.

 

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Il 16 il re fu indisposto. Mi fece chiamare e mi chiese se conoscevo piante che potessero procurargli sollievo. Gli promisi di fare un giro in campagna per cercarne. Percorsi la piana e trovai basilico in quantità, pianta che cresce spontaneamente sul terreno grasso; raccolsi anche molti semi che nascosi accuratamente in un pizzo del mio pagne. Rientrai e detti il basilico al re raccomandandogli di farne un tè. Ne bevve e provò sollievo. I Mauri non conoscevano affatto le proprietà di questa pianta, così che la notizia fece molto clamore nell’accampamento. Tutti i principi mi chiamavano nelle tende per consultarmi sui diversi mali di cui soffrivano, chiedendomi rimedi. Un ciarlatano avrebbe approfittato di questa circostanza per mettere a frutto tutta la loro credulità e certamente ne avrebbe approfittato uno dei loro marabouts. Ma io, se ero costretto a prescrivere un trattamento, davo rimedi innocenti e che sapevo incapaci di fare male. Tuttavia fui contento di quella momentanea fiducia che mi dava il vantaggio di poter andare nei campi circostanti senza suscitare sospetti e col pretesto di cercare piante medicinali.

 

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Il 20 settembre, prima del levarsi del sole, mi misi in cammino verso la catena di montagne, a due miglia ad est dell’accampamento. Traversai una piana dal suolo molto grasso composto di sabbia nera interrotta da burroni e la cui vegetazione era assai bella. Salii in cima alla montagna più alta, circa trecentocinquanta piedi: rocce di granito nero se ne distaccano e si rizzano da ogni lato. Arrivato sulla cima vidi che la catena si estende lontano verso nord-est, per una larghezza a nord e sud di circa tre miglia. Tra le rocce trovai una quantità di piante di cotone dalle foglie tutte dentellate, con capsule e semi molto meno grandi di quelli del cotone che si coltiva nei nostri stabilimenti di Ouâlo. Ne presi dei grani insieme a quelli di molte altre piante giunte a maturità, e nascosi il tutto in un pizzo del mio pagne; raccolsi anche alcune piante. Appena sceso dalla montagna incontrai due cacciatori mauri i quali furono sorpresi di vedermi e mi interrogarono su cosa facessi lontano dall’accampamento. Mostrai le piante dicendo che ero venuto a cercare medicine per Hamet-Du il quale era malato. Sembrarono credermi e mi mostrarono piccole pernici che avevano preso poi se ne andarono. Salii su un’altra montagna, di rocce di quarzo color carne, molte sembravano marmo e gli intervalli tra le rocce erano di sabbia rossastra.

I due Mauri che avevo incontrato arrivati al campo prima di me avevano riferito della mia escursione, notizia che era giunta al re risvegliando i suoi sospetti. Non appena giunsi mi fece chiamare, non avevo avuto il tempo di nascondere i semi. Quando entrai nella tenda al suo cospetto mi chiese con aria malcontenta da dove arrivassi e perché mi allontanassi così da solo dall’accampamento dal momento che nei dintorni crescevano piante a sufficienza senza che ne andassi a cercare tanto lontano. Ero circondato da molti Mauri i quali si accorsero che avevo un nodo sul pagne, lo afferrarono chiedendomi cosa ci fosse dentro e senza darmi il tempo di rispondere lo aprirono: “Che vuoi farci? Vuoi portarli ai Bianchi quando tornerai allo scalo?”, mi chiesero e senza lasciarmi il tempo di proferire parola gettarono i semi lontano.

La sera, trovandomi nella tenda di una maestro marabout, approfittai di un momento in cui potevo procurarmi un po’ di inchiostro per scrivere il diario; mi nascosi e ne avevo già scritta una pagina quando lo sharif kunta mi sorprese. Mi strappò il foglio dalle mani: stupito di non vedere alcun carattere arabo, mi chiese cosa stessi scrivendo. Avevo intenzione di dirgli che erano preghiere che volevo imprimermi nella memoria ma riflettendo che non ne sapevo ancora abbastanza da riempire una pagina gli dissi che si trattava di un canto e per persuaderlo mi misi a cantarne una strofa. Ma mi sembrò che il diffidente sharif non mi credesse. Mi apostrofò difatti accusandomi di essere venuto come spia per rendere conto ai cristiani. Mi premeva eliminare subito quell’idea e vi riuscii fingendo una grande indifferenza per quanto avevo appena scritto, gli consegnai quindi il foglio nelle mani e gli dissi ridendo: “Vai allo scalo commerciale, fai leggere lo scritto e vedrai se merita l’oltraggio che mi stai facendo”. La finzione ebbe l’effetto atteso; mi rese il foglio pregandomi di leggergli ancora il contenuto.

Da allora quando volevo scrivere mi mettevo accuratamente in disparte dietro un cespuglio e al minimo rumore nascondevo le mie note e prendevo il rosario fingendo di essere in preghiera. Questa devozione esibita mi valeva approvazioni da coloro che mi sorprendevano, ma quanto penoso mi era quel ruolo!

 

[…]

 

La seconda parte di questo testo è stata rimossa. Tutto il libro di Caillié, curato e tradotto da Barbara Fiore, è stato pubblicato in formato EPUB, MOBI, PDF. Si può acquistare qui su ZIBALDONI o qui su AMAZON o su qualsiasi altro store online.

 

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