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L’animalista

In questi racconti di Alberto Volpi tornano fuori, in pelle umana, i vecchi amici animali dell’infanzia, con il loro carattere, l’andatura, le rivendicazioni e gli appetiti. E con una voce tutta loro, perché non si può pensare alle tacchine in bianco e ombrellino di Savinio, a un lupo o al serpente, senza che da quei corpi venga una strana retorica, ricercata e metaforica. Un libro sorprendente di uno scrittore raffinato e colto.

«Io sono il Gufo e mi fregio di alcune qualità soprannaturali: con i miei grandi occhi tondi vedo nell’intrico confuso della notte, nel rimando ad altro delle sue forme vedo Dio. Le soffici piume auricolari, che mascherano la finezza dell’udito, ne colgono i fruscii, le tracce, perché Dio è come aria dentro l’aria. Le metamorfosi e le somiglianze possono destare spavento e agevolmente ingannare la vista comune, i sottointesi o le uscite di binario sfuggire all’orecchio che vive nel chiasso. Io, quando calzo il guanto delle palpebre e reclino il capo sul morbido del petto, sogno me stesso. Fuggo il giorno e in ciò sta la mia chiaroveggenza, ma quando il mio canto d’amore sgorga dalle tenebre viene scambiato per l’annuncio della morte. Così il mondo schiacciato rumorosamente dalla semplicità delle cose, dall’evidenza del sole si vendica, tramite femmine bellissime, del silenzio e dei tradimenti del Gufo»


“In principio fu Guarda e scopri gli animali, una ventina di volumi che ho compulsivamente assimilato durante l’infanzia. Non ero solo in quella passione: ognuno dei  diversi compagni sceglieva gli animali che più lo catturavano, ne assumeva le caratteristiche e ci giocava nell’intervallo, e poi ancora, solo con le mani, si continuavano le storie sotto il banco, mentre sopra passavano le lezioni. Più o meno nello stesso periodo scoprii  non esserci animale in natura che non avesse dato vita a un supereroe della Marvel. Nella vita di tutti i giorni l’alter ego faceva colazione con latte e biscotti, frequentava l’oratorio e la casa dei nonni, ma in un attimo era pronto a trasformarsi correndo sulle pareti, volando o scomparendo beatamente sott’acqua. Ben più tardi sarebbe arrivata la lettura del mito, di Dante e di Kafka, qualche studio d’antropologia... io mi ero già imprintato con le illustrazioni del popolo delle foreste, dei ghiacci e degli abissi. E così in questi racconti sono tornati fuori, in pelle umana, i vecchi amici con il loro carattere, l’andatura, le rivendicazioni e gli appetiti. Poi la voce, perché non si può pensare alle tacchine in bianco e ombrellino di Savinio, a un lupo o al serpente, senza che da quei corpi venga una strana retorica, ricercata e metaforica”. (ALBERTO VOLPI)


Alberto Volpi, laureato a Milano in Letteratura italiana con Franco Brioschi, ha conseguito un dottorato in teoria e analisi del testo presso l’Università di Bergamo lavorando sul tema del tradimento. Ha pubblicato in volumi collettivi e riviste saggi su Landolfi, d’Arzo e la letteratura resistenziale (come collaboratore dell’ISREC di Bergamo). Poi L’ordine violato. Il tradimento nell’opera di A. Manzoni, Stilo di Bari, 2008; Il nero seme. La scrittura come nullificazione, Bergamo University press, 2009; Il raid (Doppiozero, 2012). Tre racconti sono usciti su Nuova prosa (2012), uno ed alcune poesie online su Zibaldoni e altre meraviglie.

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