La scrittura rappresenta questa strana radioattività dello spirito: la capacità di abitare la materia, la più semplice, la più povera, la meno “animata” – un’idea diventa una macchia di inchiostro, una superficie di cellulosa, e può, da questa infima esistenza, esercitare un influsso molto più vasto, potente e durevole di quello che esercita quando abita il cervello di un singolo individuo.

La mia pancia cambiava addirittura forma, con bozzi che si spostavano qua e là, e dovevamo monitorarla, ammansirla con le medicine e tenerla ferma perché, non si sa come mai, a volte succede così: la creatura vuole nascere troppo presto e alla mamma tocca stare con il corpo immobile e una flebo per braccio, nelle braccia bloccate sul lettino.

La letteratura tuttavia ha illustrato anche un movimento uguale e contrario che presiede alle relazioni tra gli uomini e tra i personaggi, ovvero quello dello smagamento. La figura geometrica che possiamo rinvenire è la medesima e triangolare: un estraneo o un’estranea si presenta alla coppia mettendone in crisi l’equilibrio. Si tratta talvolta di un semplice contatto, senza nessun rapace intrufolarsi, che fa scattare però la chimica producente separazione e nuove combinazioni.

Vorrei però richiamare la tua attenzione sui fastigi di una Repubblica delle Banane che è tutt’uno con il proprio esercito, civile e militare: tra una carezza e un bacio, i militi ignoti stanno disboscando mezza selva maya per far posto alle rotaie del treno a diesel che finalmente sterminerà – ed era ora! – i moscerini autoctoni, una piaga particolarmente invisa ai vacanzieri e agli oleodotti.

Qui la finestra non apre ad alcun esterno naturalistico, ma diviene elemento del parallelismo caro alla visione e della decorazione preziosa propria all’interno che avvolge il santo principale come cesellato da un orafo.

Resta da chiedersi: perché la scrittura del molteplice, dei mille rivoli, a un certo punto si disciplina per entrare in un libro? Come mai Di Luca distrae l’attenzione dalla biblioteca della dispersione e comincia a scrivere E quindi uscimmo a riveder la gente? Me lo sono domandato diverse volte senza riuscire a rispondere, probabilmente perché la domanda era posta male.

Il mondo va a pezzi, nei modi più diversi e incalcolabili va o sembra andare sempre più a pezzi, a pezzetti sempre più piccoli e sempre più sconnessi, e quest’Io che qui scrive che fa? Vigliaccamente distoglie lo sguardo, sì, vergognosamente lo porta su ben altro, su tutt’altro, e cioè pensa e ripensa ai lettori del mondo che va appunto in pezzetti, rimugina e fantastica sui lettori di ogni parte di questo mondo spezzettato e spezzettantesi, lettori coi quali condivide questo stesso convulso spezzettato spaziotempo, e la stessa passione per il leggere, oltre che forse altro di poco definito che intorno al leggere orbita…

Una vera statuina vivente si muove solo quando tutti sono girati. Guardarla sempre è il modo più sicuro di ucciderla, o di diventare a propria volta statuina. Gli unici che la possono vedere quando si muove sono i bambini, recita il segreto catechismo delle statuine.

Libero e libertario. Discreto e raffinato. Semplice e spontaneamente anticonformista. Ironico e umano. Di un’integrità che solo il lavoro letterario, compiuto con disinteresse disarmante, è in grado di conservare per giorni, mesi, anni, per una vita intera, senza crollare nella sfiducia, nella rinuncia, nel risentimento o nell’apatia.

Nei mesi scorsi i balconi sono assurti al cielo, in grande gloria; tuttavia le finestre continuavano il loro servizio, umili e decisive. Mi piace stare alla finestra, in senso letterale. A differenza del suggerimento metaforico non aspetto nulla: fermo il tempo nella natura, lo guardo passare con i passanti.

Contagio, periodi medi di incubazione, guarigioni vengono analizzati senza la giusta prospettiva temporale come se il tempo fosse piatto, schiacciato. I dati giornalieri, i nuovi casi, i ricoverati nelle terapie intensive, i morti non vengono disallineati. Non viene attribuita la giusta casella temporale agli eventi.

Fetish/ 3

di in: Fetish

Il Flaubert Dry era un esempio di spazio multiforme. L’interior design incitava alla violenza. Tutto era affilato, ma carezzevole, un luogo che ispirava desideri di elevazione e distacco. I clienti si specchiavano su modanature dorate, su lamine e superfici barocche, in cerca di qualità fisiche che non trovavano, inconsapevoli che la bellezza non sopporta repliche né riflessioni.

La prima volta che ho visto il Maradona reale è stato nella semifinale dei mondiali di Italia ’90, Italia contro Argentina: ed è stato, per me giovine italico, un brivido di terrore: contro chi c’eravamo messi? Contro di noi giocava non un uomo ma un grido di guerra, non un essere in carne ed ossa ma una parola magica. Avevamo le stesse possibilità di Marsia contro Apollo. E già il terrore rivelava la sua segreta sorellanza con l’estasi.

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