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“Ho nostalgia di quando copiavo inviti a cena e biglietti da visita di dottori, allora ero felice come un bambino, immaginavo che la mia scrittura producesse cibi deliziosi o curasse malati inguaribili: cose che la mia calligrafia certificava con arabescata precisione. Oggi non lo credo più. Oggi non so dove andrà il mondo, anche se qui a Herisau è facile prevederlo”.

Relazione di Robert Mächler, Baden, 15 gennaio 1964. Cari signori, non vi ruberò troppo tempo. Il mio nome è Robert Mächler. Questa mia breve relazione nasce dalla mia lunga solidarietà con il grande scrittore Robert Walser, di cui mi onoro di aver decifrato i manoscritti e interpretato alcuni dettagli biografici. Io avevo diciannove anni (scuserete [continua]

La letteratura, ha detto Giorgio Manganelli, è menzogna. Ma la menzogna è il suo rigore: “tutto è esatto e tutto è mentito”. Cerimoniale bugiardo, essa “possiede e governa il nulla”. Niente di tutto questo in Walser. La sua scrittura non mente e ancor meno governa il nulla.

Tutti cadiamo. Questa mano cade. Guardati intorno e tutto intorno cade. “Ci vogliono proprio le umiliazioni per sollevarmi alla pura gioia di Dio?”, si chiede il giovane Giuseppe Marti, impiegato tuttofare di casa Tobler, nel libro di Robert Walser, L’assistente. Una domanda, questa, che con grazia fulminea rivela Walser molto più di quanto non facciano [continua]

1. Avvicinarsi a Robert Walser da psichiatra, avendone amato e ammirato da anni la scrittura, comporta esitazione, cautela, imbarazzo anche. Da oltre un secolo la psichiatria è penetrata spavaldamente nei territori dell’arte, della musica, della letteratura, pretendendo di spiegare o interpretare i prodotti della creazione artistica in termini di psicopatologia o, viceversa, di diagnosticare la [continua]

Il giorno di Natale del 1956, nei dintorni di Herisau, Robert Walser fu trovato morto nella neve. Era morto durante una passeggiata solitaria. Robert Walser era ed è una leggenda, una favola triste. La sua morte è la morte del poeta, quel poeta che egli stesso ha descritto cinquant’anni prima – quando ne aveva ventotto [continua]

“Guardando attraverso la lente. Esperienze di un decifratore”, è questo il titolo del modesto contributo che presento nell’ambito dell’iniziativa bolognese. Ma non voglio fare giri di parole; preferisco entrare subito in argomento e dirvi che l’esperienza fondamentale del decifratore Echte è stata quella dell’errore. Per dirla con Franz Hessel, ‘Gli errori degli amanti’; anche così avrei potuto intitolare questa mia relazione.

“Sono grato al metodo della matita che si è conseguentemente assimilato al sistema del ricopiare alla maniera burocratica. A questo sistema devo veri e propri tormenti, ma questo tormento mi ha insegnato la pazienza ed è in forza di questa pazienza che sono divenuto un artista”.