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Gemelli

di in: Bazar

(Ribalta semibuia, libri dappertutto, due piccoli televisori perennemente accesi – ma senz’audio. Le luci azzurrine provenienti dai due computer illuminano i volti e, parzialmente, i corpi di Lillo e Lalla seduti spalle contro spalle alle rispettive scrivanie. Robuste corde li tengono legati alla sedia e, saldamente, l’uno all’altra per il busto. Le mani e le [continua]

E dico la fine

di in: Bazar

I hide myself within my flower, That fading from your Vase You, unsuspecting, feel for me – Almost a loneliness” Emily Dickinson Ti volti mi guardi e non vedi nessuno. Non si muore di niente, ma sempre in qualcuno.   * ‘Ma ora resteremo buoni amici, vero?’, disse rientrando nelle sue mutande. Furfante.   * [continua]

Caro Enrico, mi soffermo brevemente (ma anche: seriamente, tragicamente, al limite dell’addio) sulle implicazioni che riguardano non tanto lo scrivere (il mio men che meno: leggo assaissimo, scrivo pochissimo), quanto l’altro o gli altri per cui si scrive, o meglio quel sentimento dell’altro in sé, lavorante e trasformativo, che lubrifica “a chiacchiere” il motore dell’oblio, [continua]