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Mi sveglio in camera mia. Mi metto a pulire il pavimento con una scopa di paglia. Ricordo quando ho comprato quella scopa, e nello stesso tempo so di non aver mai avuto una scopa di paglia. Il giallo dei suoi fili e l’arancione e il verde dei cordini che li tengono insieme sono l’unico colore nel grigio della penombra. Sotto il calorifero, tra il pavimento e le pareti della stanza corre un distacco di un paio di centimetri, da cui indovino il piano inferiore e ancora più sotto le profondità del palazzo in cui vivo, le sue tubature e i suoi ingranaggi, giù fino al fango rovente del centro della Terra.

Non che altrove altri edifici come quello non avessero e non abbiano i loro sotterranei, ma già ai tempi dell’Istituto ci si era accorti che i locali, per un capriccio del caso o per chissà quale occulto disegno, erano stati infettati dalla “madrepora”.

La donna con la roncola si arrampica su un albero e con un colpo secco della lama decapita uno scoiattolo. È, a quanto è dato sapere, la prima morte filmata da Adra. La cinepresa non riesce a cogliere gli ultimi istanti di vita dell’animaletto, il rigirarsi spaesato degli occhi ormai separati dal corpo, il tremore di una zampina, l’accovacciarsi innaturale e un po’ esilarante del corpo decapitato.

E anche molti dei morti cui erano appartenuti i vestiti che ingombravano la macchina in cui vivevano le due sorelle e la bambina con il frac erano riemersi da dove erano stati sepolti. E una sera la bambina aveva trovato le due donne davanti a un albero. Avevano catturato uno zombi e l’avevano appeso a testa in giù al ramo di un albero morto.

A volte si fermavano più del dovuto nelle case dei morti, anche dopo averli liberati degli stracci e averli sistemati magari in poltrona, o sdraiati in corridoio, bianchi come cittadini di Eden fiamminghi mezzo disciolti dall’uragano di calore dell’ininterrotta estate austroamazzonica di Schwarzschwarz.

Prima di andarsene, mi ha anche detto che all’inizio gli era sembrato che fosse tutto a posto, e che si era fermato a parlare con me solo perché i guanti bianchi gli erano scivolati fuori dalla tasca; e anche perché, lì per lì, gli ero sembrata bella.

“Lui, lui è Marjo Salvati!”, stava gridando il portiere indicando Luijgi, “Se ve lo dico io, che lo vedo tutte le mattine!… Lui, è lui il signor Salvati”; sulle prime, Kecilja avrebbe voluto alzarsi per dar manforte al portiere e confermare che quello era suo marito, ma si trattenne, perché fu attraversata dal ricordo, molto vago, che Marjo dovesse aver fatto qualcosa di male insieme a Giacomo, e non voleva tradirlo, almeno fino a che non si venisse chiaramente a sapere di che cosa suo marito fosse accusato.

L’indio fischiava e sospirava come un uccello trafitto, agitava le sue fronde di piume distogliendomi dal naufragio, e il riso mi aveva così scavato fin nel più intimo delle viscere che mi era impossibile fischiare e salvare il mio fratello ferito al cuore. Mi sono tirato su, esilarato dalla morte dell’indio, ho incrociato le gambe e senza che dicessi nulla l’indio mi ha consegnato il suo tamburo.

I fogli di giornale si alzano quando tengo le finestre aperte, come qualcuno che ne voltasse le pagine nell’altra stanza. È un rumore piacevole, tanto che si potrebbe pensarci come ad uno strumento musicale passivo, come le campane a vento. Simulazione della presenza.

Poi un suono che ancora gli rimaneva nelle orecchie come se tutti gli arlecchini fossero scattati sull’attenti per farlo a pezzi con le loro corna di cervo lo fece sporgere oltre la sponda del letto, e vomitò.

Pedalo in una strada in salita e sotto di me vedo la luna e l’ombra nera di un castello volante e fabbriche colorate disseminate in un prato e grido “È gioioso!” Poi sento il calore di una mano appoggiata contro la mia schiena.

L’estraneo si era sistemato vicino al corridoio del vagone proprio sull’angolo opposto rispetto a quello dove stava il giovane, e il giovane poteva vederlo nel riflesso trasparente del finestrino, e così, ancora ignaro di quale terribile orrore quell’incontro avrebbe portato nella sua vita, ebbe il comodo di considerare il nuovo venuto dalla testa ai piedi, senza parere sfacciato.

Come che fosse, lampadari o non lampadari, nel corso degli anni era potuto capitare, a chi nella bella stagione passasse per i rioni in cui Sommariva abitava, di incappare in un corpo riverso nelle vicinanze di un muro di gelsomini, come all’inizio di un buon vecchio mistery inglese.

“La voce di S. quando ronzava la nota sotto l’influsso della vibrazione della motocicletta che aveva finito per fondere insieme lei e suo padre non era la voce che S. aveva di solito, e non le era mai stato possibile ripetere quel suono a casa o in qualunque luogo che non fosse la motocicletta nera di suo padre che saliva verso il lago”.

«Quando ci incontravamo, in cammino o seduti nelle nostre ragnatele, ci ammusavamo l’un l’altro, senza vederci veramente o toccarci veramente, e in quel silenzioso ammusamento da insetti era contenuta per intero la nostra felicità».