Bazar

Il nostro tempo, da parte sua, può essere ancora narrato sotto le specie di una scrittura che ha il passo lento e meditante del camminatore, mentre l’occhio esplora intento (indugiante, paziente) e la mano scrive e disegna, disegnando torna alla scrittura, dalla scrittura transita di nuovo al disegno esattamente come l’andare trascorre dal sentiero alla scarpata in salita, poi discende nel greto di un torrente in secca, attraversa quindi un pascolo recintato o si ferma davanti alla muta di un rettile.

Se non fosse stata la droga, la guerra. Il primo segno forse lì: sparpagliate sul letto, le fogliate da diecimila lire, sciorinate una accanto all’altra, ricompensa della repubblica per il sangue nemico versato, esibite a chiunque entrasse.

Eppure un furore, l’unico degno di essere per me scolpito dentro il libro della giovinezza, lo avemmo anche noi: il giorno dopo i funerali di Berlinguer, si era alla fine oramai della scuola, mancava per entrambi un mucchietto di mesi per diventare maggiorenni, con Marcello ci andammo a iscrivere al partito.

Mi rigiro tra le mani una parola: incanto. Lo spunto me l’ha dato a cena una cameriera, parlando con una sua collega: “hanno messo all’incanto la casa dei miei nonni”. M’è parsa, sulle labbra di questa ragazzotta di vent’anni, un’espressione molto alta, quasi fuori luogo; poi ho pensato all’incanto che mi hanno dato le pitture dei paesaggi, delle architetture che ho visto in questi due giorni.

Il declino della critica militante è diventato ineluttabile nel momento in cui le sfacciate tirature hanno preso il posto dei franchi tiratori; piaccia o no, è proprio una questione di genere, se non di canone…

Per Domenico Rea

di in: Bazar

Ricorre oggi il centenario della nascita di Domenica Rea (8 settembre 1921 – 26 gennaio 1994), scrittore tragico e selvaggio tra i più misconosciuti del nostro Novecento, nato a Napoli e vissuto a Nofi (“questo paese che non riuscii a chiamare mai col suo vero nome”). Pubblichiamo qui “Il Regno”, pezzo iniziale di “Nubi”, un piccolo prosimetro del 1976 dedicato all’infanzia nella terra natia. L’aria onirica e malinconica che vi circola è una delle caratteristiche della sua poetica, e potrebbe invogliare forse alla riscoperta del suo universo immaginifico.

La Musa

di in: Bazar

Mentre andavo così con un piede via via più veloce e svagato per una di quelle strade di bellezza difficile ho sentito qualcuno lamentarsi. Un po’ per intuito un po’ seguendo l’immaginazione, sono andato verso i cassonetti dell’immondizia. Ho pensato a un neonato di quelli lasciati a gelare o marcire nell’umido o nel secco. Era un’idea stupida, il lamento (femminile) era disperato, sì, ma di adulto.

Ma intanto, anche il rito del conteggio annuale degli interessi era cessato. Gli impiegati continuavano, e continuano tuttora, a contar denaro con agili mani, ma di interessi al povero risparmiatore ne giungono sempre meno e il conto in banca è sempre più costoso.