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Dimentichi della posologia,/ poiché distratti dalla prosodia,/ i poeti di lenta digestione/ offrono ai posteri ogni loro libagione./ E se avesse ragione Enzensberger,/ e fosse solo questione d’Alka Seltzer?

Comincia con un pezzo di bravura e di chiarimento il nuovo libro di poesia di Massimo Gezzi, “Sempre mondo” (Marcos y Marcos, 2022). La poesia si intitola “Per chi”, trentotto versi in cui l’autore si interroga su cosa lega “lo spazio percorso” al “tempo dimenticato”, e quel qualcosa che li lega è “il punto d’intersezione” [continua]

Versi verdi

di in: Captaplano

La nota introduttiva di Alberto Volpi a un’antologia di “ecopoesia” che raccoglie testi della letteratura italiana del Novecento variamente ispirati alla natura e al rapporto dell’uomo con essa.

Il romanzo in versi sembra competitivo con il fratello più fortunato, sia sul piano della resa di uno o più personaggi che di un’impressione sintetica di società, giovandosi di quel tanto di frammentario dovuto agli inevitabili salti impressi dalla poesia, piuttosto in linea con la sensibilità odierna.

Per Domenico Rea

di in: Bazar

Ricorre oggi il centenario della nascita di Domenica Rea (8 settembre 1921 – 26 gennaio 1994), scrittore tragico e selvaggio tra i più misconosciuti del nostro Novecento, nato a Napoli e vissuto a Nofi (“questo paese che non riuscii a chiamare mai col suo vero nome”). Pubblichiamo qui “Il Regno”, pezzo iniziale di “Nubi”, un piccolo prosimetro del 1976 dedicato all’infanzia nella terra natia. L’aria onirica e malinconica che vi circola è una delle caratteristiche della sua poetica, e potrebbe invogliare forse alla riscoperta del suo universo immaginifico.

Libero e libertario. Discreto e raffinato. Semplice e spontaneamente anticonformista. Ironico e umano. Di un’integrità che solo il lavoro letterario, compiuto con disinteresse disarmante, è in grado di conservare per giorni, mesi, anni, per una vita intera, senza crollare nella sfiducia, nella rinuncia, nel risentimento o nell’apatia.

Esce tra pochi giorni il nuovo libro di Massimo Rizzante, Una solitudine senza solitudine, nel quale l’autore ha raccolto la sua opera poetica degli ultimi trent’anni. Il custode della poesia di Massimo Rizzante è un uomo prosaico che desidera estinguere quel ridicolo monarca chiamato «Io». Per l’autore, in altre parole, la poesia è sempre «poesia di circostanza», fedele alla propria situazione storica e allo stesso tempo in dialogo con tutte quelle del passato. E, a causa di questa fedeltà, non deve temere di bruciarsi venendo a contatto con la varietà delle forme e dei contenuti. La sua sfida, infatti, non è quella di fondersi con il mondo, ma di comprenderlo.

L’intero libro respira della gioia e del piacere che l’autore riceve dal lessico ricchissimo della lingua italiana, dai suoi suoni che paiono disporsi così naturalmente nell’andamento endecasillabico: è come se lo sguardo poetico di questi incipienti Anni Venti sapesse di essere debitore a una tradizione non invecchiata e non provinciale capace di fare ancora scuola.

Il ventesimo secolo ci ha lasciato un’eredità poetica straordinaria quanto ingestibile. Se ne siamo eredi è solo per ragioni cronologiche, non perché ce ne sentiamo veramente degni. Le avanguardie storiche, l’espressionismo, il modernismo, le neo-avanguardie, il rinnovamento dell’epica, la lingua lanciata verso l’ubriacante libertà dal referente, lo strutturalismo sempre seguito a ruota dal neo-orfismo, sono [continua]

Presentiamo una scelta di poesie dall’ultimo libro di Alessandro Carrera, Beato chi scrive, appena pubblicato da Nottetempo: “Beato chi scrive e chi fa a meno delle spiegazioni. Perché la poesia non è scritta per gli esseri umani, che infatti non la leggono. Chi scrive poesie crede di parlare ai suoi simili ma in realtà scrive per gli angeli, che leggono tutto. Il modo di leggere degli angeli, però, non è quello degli uomini. Gli uomini hanno tempo. Poco, ma ne hanno. Gli angeli non hanno tempo.Hanno l’eternità, ma l’eternità non è il tempo. L’eternità è un solo istante che non passa mai. Nell’eternità, l’unica poesia che si può leggere è quella che si coglie con un solo colpo d’occhio. Non c’è tempo per girare le pagine, nell’eternità. Beato chi è letto dagli angeli, allora, tutto intero su una pagina da non girare mai e che viene ricomposta senza posa, mostrando in trasparenza tutto quello che vi è stato e vi sarà scritto”.

Caro lettore, perdona il ritardo con cui mi faccio vivo. Ecco alcuni “approfondimenti” sul mio libro Fermata del tempo (Marcos y Marcos, 2015), che spero ti riescano utili.   Il titolo indica la volontà di fermare il tempo, di rallentarlo, di fissare nella memoria alcune figure umane e alcuni luoghi e situazioni perché restino fissi [continua]

Buxton Street, London – 2008 al lampione   sorprende il gioco di un cielo magritte dalla sedia a sdraio non ripiegata verso sud, in un backyard di lastroni di cemento malfermi e ghiaia fina bianca e blu, trapuntata dalla vita   *   Saint Matthew’s Row, London – 2008 alle vetrate   nel cercare in [continua]