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Banchi
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È un ritornante stupore scorgere traverso la grande finestra dell’aula, a metà mattinata, Hölderlin che prepara i bagagli per mettersi in viaggio (a piedi!) verso Bordeaux: tutto questo accade da anni ed è accaduto, malgrado tutto, anche nell’ultima primavera, continua ad accadere in queste complicatissime settimane di ripresa dell’anno scolastico.
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… in ultimo, il professore sostiene che ci sono autori che per loro stessa costituzione della persona biografica, si prenda Leopardi o quel pingueforme di Montale o quell’individuo manicomiale di Campana o quell’allampanato di Giacomo Joyce o quell’asmatico di Marcello Proust, si possono considerare dei positivi al covid ante-litteram!
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Minuzie, si dirà: ognuno è libero di avere lo stile che gli pare. O no? Secondo noi no: un ministro non è libero mai: è viceversa un servo. E dal servo della cultura esigeremmo, in ogni occasione, degli scritti che non sembrino redatti con la penna in una mano e il telefonino nell’altra, cinque minuti prima di andare in onda (ovvero, dato che oggi si preferisce così, in rete…).
Un banco nell’abisso
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Un mio vecchio professore, per intimidirci, ripeteva: “Tra me e voi c’è un abisso”, e nessuno osava contraddirlo. Poi ho ritrovato questa cosa in Maurice Blanchot: l’abisso incolmabile del rapporto docente-studente, l’abisso della conoscenza, del desiderio, della ricerca, che unisce docente a studente e viceversa. Non aveva poi tutti i torti il mio vecchio professore, sebbene fosse un po’ gonfio!
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Quest’anno non si può dire che questo riprincipiare abbia la stessa felicità del passato, le preoccupazioni sono tante; ma, come scriveva Leopardi, la ragione è piccola, la natura è grande: per quanto la prima possa veder nero, la seconda ti sorprende sempre alle spalle. Come la realtà al di fuori dei calcoli, dei progetti, delle programmazioni. Come l’entrare in classe.
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Ma io non sono sciuro che le cose stiano come ce le dipingono. Non sono sicuro che i professori siano quelli che vediamo alla tv, sui social, sui giornali. Secondo me, ci sono “altri professori”. Che non sono però una nicchia, una élite, un gruppo di eletti. Sono i professori che leggono, scrivono, parlano spesso di tutt’altro che di attualità oppure, se parlano di attualità, lo fanno in maniera “inattuale”, sganciandosi dagli stereotipi e dalle macchiette, e dunque non rientrando a nessun titolo in un nessun format.
Divieti e legami
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Il distanziamento fisico, le limitazioni a cui ci sottoponiamo – per non morire, per non far morire gli altri, è così che va nelle epidemie – non devono limitare i legami. Ho una terza, leggeremo presto il Decameron: dieci ragazzi stanno lontani da tutti e inventano cento esperienze, cento storie diverse, una più bella e ricca dell’altra.