Dialogo di un folletto e di uno gnomo

(*) Libero adattamento di Enrico De Vivo dalle Operette morali di Giacomo Leopardi.

Folletto. Ah, sei qua, mio caro Gnomo!

Gnomo. Perché, tu, Folletto, dove sei?

Folletto. Io vado un po’ in giro a perder tempo. E tu, dove stai andando?

Gnomo. Mio padre mi ha spedito a indagare che diamine vanno macchinando questi furfanti degli uomini; perché sospetta qualcosa, a causa del fatto che da un bel pezzo non ci danno più fastidio, e in tutto il regno degli gnomi non se ne vede più nemmeno uno. Mio padre teme che stiano preparando qualche cosa contro di noi, oppure che i popoli civili non si contentino più delle scoperte dell’informatica; o addirittura che abbiano ripreso a usare il baratto e che non sia più in uso la moneta – cosa questa, però, che gli pare la meno credibile di tutte.

Folletto. Voi li aspettate invan: son tutti morti, stava scritto in quella tragedia dove morivano tutti i personaggi.

Gnomo. Che vuoi dire?

Folletto. Voglio dire che gli uomini sono tutti morti, e la razza è estinta.

Gnomo. Ma questa è una notizia da telegiornale! Come mai fino ad ora nessuno ne ha parlato?

Folletto. Quanto sei sciocco! Morti gli uomini, chi vuoi che li faccia i telegiornali?

Gnomo. Hai ragione. Ma ora come faremo a sapere le notizie del mondo?

Folletto. Che notizie? Che il sole è sorto o è tramontato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o nevicato o ha tirato vento? Morti gli uomini, la fortuna si è tolta la benda e si è messa gli occhiali; la sua ruota l’ha appesa a un arpione, e se ne sta colle braccia incrociate a sedere, guardando le cose del mondo con un certo rilassamento; così non ci sono più regni né imperi che si gonfiano e scoppiano come bolle, sono tutti sfumati; non si fanno guerre, e tutti gli anni si assomigliano l’uno all’altro come uovo a uovo.

Gnomo. Non si potrà sapere neanche a che giorno del mese siamo, perché non si stamperanno più calendari.

Folletto. Non sarà un gran male, la luna farà sempre la sua strada.

Gnomo. E i giorni della settimana non avranno più nome.

Folletto. Che, hai paura che se tu non li chiami per nome, che non vengano? O forse ti pensi, poiché sono passati, di farli tornare indietro se li chiami?

Gnomo. E non si potrà tenere il conto degli anni.

Folletto. Così ci spacceremo per giovani anche da vecchi. E non conoscendo la nostra età, non ce ne preoccuperemo, così quando saremo vecchissimi non staremo ad aspettare tristemente la morte di giorno in giorno.

Gnomo. Ma com’è che sono scomparsi quei monelli degli uomini?

Folletto. Alcuni facendo guerre tra di loro, alcuni andando per mare, alcuni mangiandosi l’un l’altro, alcuni ammazzandosi – non pochi di propria mano -, alcuni afflosciandosi nell’ozio, alcuni sbollendosi il cervello sui libri, alcuni gozzovigliando, e facendo vita disordinata; ma la maggior parte, sono morti studiando tutti i modi per andare contro la propria natura e per mettersi nei guai.

Gnomo. In ogni caso, io non riesco proprio a capire come tutta una specie di animali possa completamente scomparire.

Folletto. Tu che sei maestro in zoologia, dovresti sapere che il caso non è nuovo, e che anticamente ci furono varie specie di bestie, come i dinosauri, che oggi non esistono più. Tra l’altro, quelle povere creature non utilizzarono nessuno dei tanti artifici che, come io ti dicevo, hanno usato invece gli uomini per andare in perdizione e scomparire dalla faccia della terra.

Gnomo. Va bene. Però mi farebbe piacere se uno o due di quella ciurmaglia umana risuscitasse, per sapere quello che penserebbero vedendo che le altre cose, benché il genere umano sia estinto, durano ancora e vanno avanti come prima, mentre essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per loro.

Folletto. E non volevano convincersi che invece è fatto e mantenuto per i folletti.

Gnomo. Ma, dico, sei impazzito? Non parlerai sul serio.

Folletto. Io parlo sempre sul serio.

Gnomo. Ma va’ via, buffoncello. Chi non sa che il mondo è fatto per gli gnomi?

Folletto. Per gli gnomi, che stanno sempre sottoterra? Oh, questa è buona! Che effetto hanno sugli gnomi il sole, la luna, l’aria, il mare, le campagne?

Gnomo. E tu, dimmi, che effetto hanno sui folletti le miniere d’oro e d’argento, e tutto il corpo sotterraneo della terra e le sue ricchezze interne e i suoi cunicoli?

Folletto. Va bene, va bene, o che hanno effetto o che non ne hanno, lasciamo stare questa contesa tra noi, che io sono sicuro che anche le lucertole e i moscerini si credano che tutto il mondo sia fatto apposta per uso della loro specie. E ciascuno rimane sempre col suo parere, che nessuno glielo toglierebbe dalla testa. Per parte mia ti dico solamente questo, che se non fossi nato folletto, io mi sentirei disperato.

Gnomo. Lo stesso mi sentirei io se non fossi nato gnomo. Ora però vorrei sapere proprio che cosa direbbero gli uomini della loro presunzione, per la quale, tra le altre malefatte che combinavano a questo e a quello, affondavano le loro braccia sottoterra e ci rapivano con la forza la roba nostra, oro e argento e tutti i metalli, dicendo che tutto ciò apparteneva al genere umano, e che la natura gliel’aveva nascosto e sepolto laggiù come per scherzo, volendo mettere alla prova la loro intelligenza e per spingerli quindi a cercare e trovare e cavar fuori i tesori.

Folletto. Di cosa ti meravigli? Non ricordi che erano pure convinti che le cose del mondo non avessero altro scopo che di stare al loro servizio, e anzi sostenevano che tutte quante insieme, rispetto al genere umano, fossero una cosa da niente? Le loro vicende le chiamavano Rivoluzioni del mondo, e le storie delle loro genti, Storie del mondo: nonostante si potessero contare, anche sottoterra, forse tante altre specie, non dico di creature, ma solamente di animali, quante erano le teste degli uomini vivi. E di sicuro questi animali, che nella testa degli uomini erano fatti espressamente per loro e per il loro comodo, nemmeno si accorgevano che il mondo facesse tante Storie e Rivoluzioni.

Gnomo. Anche le zanzare e le pulci erano fatte per beneficio degli uomini?

Folletto. Certo che lo erano; cioè per farli abituare a essere pazienti, come essi dicevano.

Gnomo. In effetti sarebbe mancata agli uomini l’opportunità di esercitare la pazienza, se non fossero esistite zanzare e pulci…

Folletto. Pensa che i maiali, secondo un filosofo greco di nome Crisippo, erano pezzi di carne preparati dalla natura apposta per le cucine e le tavole degli uomini, e anzi erano viventi solo per mantenersi freschi e non imputridire; conditi con un’anima, insomma, invece che col sale.

Gnomo. Io credo, al contrario, che se Crisippo avesse avuto nel cervello un poco di sale al posto del raziocinio, non avrebbe immaginato un simile sproposito.

Folletto. Pensa poi a quest’altra cosa buffa: gli uomini, che si reputavano padroni di tutto quanto esiste, non sapranno mai che esistono infinite specie di animali che loro non hanno mai visto né conosciuto, o perché vivono in luoghi dell’universo dove essi non misero mai piede, o perché sono tanto piccole che gli uomini medesimi in nessun modo le arrivavano a scoprire. D’altronde, di moltissime specie di esseri e animali non si accorsero che negli ultimi tempi. Lo stesso si può dire delle piante, e di mille altre cose. Allo stesso modo, di tanto in tanto, con i loro cannocchiali, scoprivano qualche stella o pianeta, che fino allora, per migliaia e migliaia d’anni, non avevano mai saputo che esistesse; e subito la annoveravano tra le loro conquiste: perché s’immaginavano che le stelle e i pianeti fossero, come dire, delle lanterne piantate lassù nell’alto dei cieli apposta per far luce alle signorie loro, che la notte avevano grandi cose da fare.

Gnomo. Infatti d’estate, quando vedevano cadere qualche fiammella dall’alto, dicevano che c’era un significato o un desiderio nascosto che le stelle volevano comunicare agli uomini.

Folletto. Ma ora che gli uomini sono tutti spariti, la terra non sente la mancanza di nulla; i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare, nonostante non serva più alla navigazione, non pare che si sia prosciugato.

Gnomo. E le stelle e i pianeti non hanno cessato di nascere e di tramontare, e non si sono intorpiditi.

Folletto. E il sole non si è oscurato di ruggine; come fece, secondo il poeta Virgilio, per la morte di Cesare – della quale io credo che in realtà il sole si rammaricò tanto, quanto la statua di Pompeo.