Il punto di vista di Zibaldoni

L’intervista che segue è stata utilizzata, insieme ad altre, per un’inchiesta sulle riviste letterarie e la loro diffusione nel web (La cultura non è morta basta cercarla sul web) pubblicata su PAGINA99 del 22 novembre 2014. La presentiamo qui nella versione integrale.

di in: La Z di Zibaldoni

Giuseppe Armenia, O sole mio (2013) - tecnica mista su fogli di giornale, 170x120 cm. (Federico Bianchi Gallery)

ANDREA CIROLLA – Un po’ di numeri, in media: quanti lettori unici avete al giorno? E alla settimana? Quante sono le pagine visitate ogni settimana? Qual è stata la tendenza dagli esordi a oggi? Ci sono altri dati che vuole comunicarmi?

ENRICO DE VIVOSappiamo dell’esistenza delle statistiche, ma raramente le consultiamo, forse perché abbiamo un’idea di “lettore” molto poco statistica e slegata dal marketing. Per noi il lettore è un ideale, non un numero o un cliente. Se proprio dobbiamo parlare in termini quantitativi, dai social network, dagli ebook scaricati e dalle mail che ci arrivano, deduciamo che i lettori sono in costante aumento. Gli accessi singoli mensili sono alcune migliaia, così come – dato per noi più interessante – sono diverse migliaia i download realizzati da alcuni ebook da noi prodotti, come ad esempio quello dedicato a Robert Walser.

 

ANDREA CIROLLA – Come ottenete queste statistiche? (non so: ShinyStat, Google Analytics ecc.)?

ENRICO DE VIVOOgni tanto consulto Google Analytics.

 

ANDREA CIROLLA – Le classifiche dei blog più letti/seguiti alimentano un dibattito permanente, c’è in effetti parecchia confusione e una difficoltà reale nel “classificare”, forse perché non c’è una condivisione dei dati, perché manca un sistema condiviso e incontrovertibile di calcolo dei lettori (a differenza delle tirature dei cartacei). Come vede la situazione? Come la vedrebbe risolvibile?

ENRICO DE VIVONon so se oggi a suscitare il dibattito sia ancora la classifica dei blog più letti. In generale, il dibattito permanente nei blog ha rappresentato una caratteristica della prima fase di affermazione delle riviste online; negli ultimi anni è stato progressivamente sostituito dal dibattito sui social network, che ormai più che dibattito è scambio veloce di battute. Oggi le maggiori sequenze di commenti si trovano solo nelle riviste che trattano temi di attualità, più che nelle riviste letterarie. Quanto ai lettori reali, non è facile calcolarne il numero, anche perché la costante disponibilità online dei testi alimenta il rapido passaggio da una rivista all’altra. È come sfogliare i giornali in edicola, per tornarvi poi con calma. Il tempo di permanenza in una pagina si può calcolare, ma non credo si possa davvero calcolare la qualità dell’attenzione. Vedo che periodicamente viene fuori qualcuno che vorrebbe attribuire il primato a una rivista (in termini quantitativi), ma in questo campo, a maggior ragione in tempi di mercato globale, non è detto che in cima ci stia sempre il meglio. Non capisco quindi a che cosa possano servire le classifiche, specie se parliamo di letteratura.

 

ANDREA CIROLLA – Quanti collaboratori ha “Zibaldoni”, all’incirca, al netto della redazione?

ENRICO DE VIVOCollaboratori fissi nessuno, saltuari ne ha e ne ha avuti diverse decine.

 

ANDREA CIROLLA – I vostri collaboratori sono retribuiti? E il lavoro dei redattori, della “struttura” insomma, è retribuito? In un caso o nell’altro, la questione che riflessioni muove tra di voi?

ENRICO DE VIVONessuno di noi è retribuito. Mi consolo dicendo che la buona letteratura, da che mondo è mondo, ha sempre fruttato poco.

 

ANDREA CIROLLA – Quanti dei vostri collaboratori conoscete personalmente? Quanti no?

ENRICO DE VIVOCome dicevo, non abbiamo collaboratori fissi; quasi sempre ci siamo conosciuti di persona dopo esserci scritti e letti.

 

ANDREA CIROLLA – Come è organizzato il lavoro della rivista? Quante riunioni fate? Dove? Chi vi partecipa? Come è coordinata insomma la rivista?

ENRICO DE VIVOLa rivista è coordinata da me e vive grazie agli scambi continui (via mail, ma non solo) con collaboratori e redattori. Per anni la collaborazione con Gianni Celati è stata fondamentale, come importanti sono stati e sono ancora adesso gli apporti di Massimo Rizzante e Antonio Prete. Negli ultimi tempi si sono aggiunti Walter Nardon, che sento spesso, poi Simona Carretta, Barbara Fiore, Stefania Conte e altri. Quanto al metodo, ciascuno lavora autonomamente intorno alle idee della sua rubrica o propone temi di discussione, libri da leggere, questioni da affrontare.

 

ANDREA CIROLLA – Dai riscontri dei vostri fruitori-lettori, quale “target” prevalente emerge? Insomma, davanti alla domanda “chi vi legge” cosa risponderebbe?

ENRICO DE VIVOUna volta devo aver letto da qualche parte che il target di “Zibaldoni” comprende lettori, per lo più laureati, tra i 35 e i 55 anni, anche se so per certo che a Milano ci leggono diverse coppie di fidanzati tra i venticinque e i trent’anni, e a Londra addirittura cinque o sei ultraottantenni che hanno solo il diploma.

 

ANDREA CIROLLA – Perché fondare una rivista letteraria online? Insomma, crede che l’online sia un ripiego rispetto al cartaceo – sia per l’autore non considerato dalle redazioni dei cartacei, sia per l’«editore» che non potrebbe sopportare il rischio economico di un’impresa cartacea  – o una reale alternativa? Nella seconda delle ipotesi, scatta un’altra domanda. Sempre ragionando in termini generici, ovvero di tendenze: cosa offre l’online che non offre la stampa, al di là dell’apertura a tutti, gratuitamente, del dibattito?

ENRICO DE VIVOQuando nel 2002 fondammo “Zibaldoni” come rivista letteraria online fu per ripiego e necessità: eravamo fuori da tutti i giochi di potere, eravamo dei pivelli e degli sbandati, nessuno ci avrebbe mai pubblicati. Non so se oggi funziona alla stessa maniera. La maggior parte, se non la quasi totalità dei progetti di rivista che oggi vengono fuori ha solide basi editoriali e accademiche, ossia l’appoggio economico di un editore o di qualche università. Tutto ciò dà molta più corposità alle proposte, che però si assomigliano tutte sempre più, con articoli e testi scritti tutti alla stessa maniera similaccademica, con deboli virate verso territori sconosciuti. Quando siamo venuti fuori noi, chi ripiegava sul web era ancora un underdog, portatore di vitalità e originalità, o almeno di un punto di vista non del tutto scontato. Una decina di anni fa, insomma, la differenza si vedeva, tra web e cartaceo. Oggi, invece, il web è monopolizzato – anche nel campo letterario – da scrittori più affermati, professori universitari, giornalisti, professionisti dell’editoria, che lo hanno trasformato in un territorio normalizzato e amministrato burocraticamente, dal quale viene spesso la voglia di scappare. Per questo motivo, il discorso sull’alternativa tra online e cartaceo è fasullo. Il vero dilemma è la sostanza culturale di un Paese come l’Italia, fermo troppo spesso ai giochi di potere e alla tutela della propria posizione, dove quello che conta non è il lavoro o le idee di chi scrive e studia, ma il potere che riesce a produrre e a gestire un indirizzo culturale al posto di un altro. Potrei citarle qualche decina di eccellenti scrittori passati per “Zibaldoni” che il mondo editoriale italiano ha ignorato e continua a ignorare. Perché? Forse perché non sono nessuno, cioè non muovono, non comandano niente.

 

ANDREA CIROLLA – Quanto la fortuna delle riviste online è dovuta alle qualità intrinseche del web e quanto invece alle mancanze (mancanza di qualità, mancanza di pluralismo di voci ecc.) della stampa italiana odierna?

ENRICO DE VIVOHo visto proprio in questi giorni una classifica dei migliori siti online di riviste letterarie. Nei primi venti posti ce ne sono alcune interessanti, che ogni tanto sfoglio anch’io, ma quanto a molte altre è evidente che devono la loro fortuna alle “qualità intrinseche del web”, nel senso che si tratta di operazioni commerciali o estemporanee (a volte di autopromozione), ragion per cui, prive del supporto strategico del web, probabilmente non le leggerebbe nessuno. Della stampa italiana odierna non so molto, leggo le pagine degli inserti culturali dei grandi quotidiani, ma non mi entusiasmano, mi sembrano piene soltanto di comunicazioni di servizio e di autopromozioni. Non mi pare che vadano in cerca di ciò che è nuovo, o che guardino con attenzione fuori dai nostri confini.

 

ANDREA CIROLLA – E il fatto che siano riviste gratuite gioca a favore della loro fortuna?

ENRICO DE VIVOAncora una volta, bisognerebbe intendersi sul termine “fortuna”. C’è tanta spazzatura che in rete ha fortuna, ma a chi interessano queste “fortune”, se non ai procacciatori di pubblicità e a chi deve fare affari? Parlando dal mio punto di vista molto inattuale, per dir così, posso solo osservare che la gratuità gioca un ruolo importante, ma non fondamentale. Se una rivista è brutta e inutile, sia gratis o a pagamento, alla fine nessuno la legge. E anche il più cieco dei redattori prima o poi se ne accorge e cambia mestiere.