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Ma era già al limite. Per assurdo, come se, avendo appiccato l’incendio, se ne fosse pentito; o meglio, come se la colpa di ciò che era accaduto fosse troppo grave e si sentisse impossibilitato ad affrontarla, a porre rimedio a ciò che aveva scatenato l’incidente.

Lavorare molte ore in silenzio senza essere interrotto, come facevo quando mio padre mi portava in un cantiere, lascia ampi spazi all’immaginazione, tanto da suscitare la convinzione che un lavoro manuale possa essere il più adatto per chi vuole dedicarsi all’arte: è un errore frequente, che nasce da un’illusione.

Forse questi propositi erano l’espressione di un’esigenza che il succedersi di varie stagioni severe non aveva soddisfatto, quella di un mondo in cui la buona volontà e l’equilibrio, e in altre parole lo studio – che evidentemente a lui dovevano essere costati più di quanto non si intuisse a prima vista – ottenevano il giusto riconoscimento materiale (ciò a lui era mancato).

Che cosa legge l’apprendista, ossia il lettore che scrive, ma non ancora lo scrittore che legge? Come legge, ossia il modo in cui legge è chiaro, gettandosi nel libro incurante di ogni raccomandazione. Ovunque si trovi, in bagno o appoggiato alla tettoia di una fermata d’autobus con in mano un lettore digitale, la sua identificazione [continua]