Il vero poetico è un vero metafisico
Cinque degnità dalla Scienza nuova di Giambattista Vico

di in: Fantasticare sui popoli

                    I.

L’uomo, per l’indiffinita natura della mente umana, ove questa si rovesci nell’ignoranza, egli fa sé regola dell’universo.

Questa dignità è la cagione di quei due comuni costumi umani: uno che “fama crescit eundo”, l’altro che “minuit praesentia famam”, la qual, avendo fatto un cammino lunghissimo quanto è dal principio del mondo, è stata la sorgiva perenne di tutte le magnifiche oppenioni che si son finor avute delle sconosciute da noi lontanissime antichità, per tal proprietà della mente umana avvertita da Tacito nella Vita d’Agricola con quel motto: “Omne ignotum pro magnifico est”.

LXVII.

La mente umana è naturalmente portata a dilettarsi dell’uniforme.

Questa dignità, a proposito delle favole, si conferma dal costume c’ha il volgo, il quale degli uomini nell’una o nell’altra parte famosi, posti in tali o tali circostanze per ciò che loro in tale stato conviene, ne finge acconce favole. Le quali sono verità d’idea in conformità del merito di coloro de’ quali il volgo le finge; e in tanto sono false talor in fatti, in quanto al merito di quelli non sia dato ciò di che essi son degni. Talché, se bene vi si rifletta, il vero poetico è un vero metafisico, a petto del quale il vero fisico, che non vi si conforma, dee tenersi a luogo del falso. Dallo che esce questa importante considerazione in ragion poetica: che ‘l vero capitano di guerra, per esempio, è ‘l Goffredo che finge Torquato Tasso; e tutti i capitani che non si conformano in tutto e per tutto a Goffredo, essi non sono veri capitani di guerra.

L.

Ne’ fanciulli è vigorosissima la memoria; quindi vivida all’eccesso la fantasia, ch’altro non è che memoria o dilatata o composta.

Questa dignità è ‘l principio dell’evidenza dell’immagini poetiche che dovette formare il primo mondo fanciullo.

LVIII.

I mutoli mandan fuori i suoni informi cantando, e gli scilinguati pur cantando spediscono la lingua a prononziare.

LIX.

Gli uomini sfogano le grandi passioni dando nel canto come si sperimenta ne’ sommamente addolorati e allegri.

Queste due dignità supposte (LVIII e LIXndr) [danno a congetturare] che gli autori delle nazioni gentili – [poich’]erano andati in uno stato ferino di bestie mute, e, per quest’istesso balordi, non si fussero risentiti ch’a spinte di violentissime passioni – dovettero formare le loro prime lingue cantando.