Spuseta e Spusòn

“Tempo fa, ero stato visitato dalla storia di Fulgenzio e Margitta, due giovani e amanti che improvvisamente si separavano, come accade nei romanzi alessandrini: Fulgenzio insegue un guru a forma di struzzo; Margitta rimane ad aspettarlo e conosce uno scultore anziano, profumato e gentile. Questo frammento appartiene a una delle visioni di Fulgenzio. Margitta ancora non ne sa nulla”.

 

*

 

Nella città delle coppie, in una delle collinette chiare, c’erano i due famosi amanti litiganti Spuseta 1  2 e Spusòn. Questa era la tipica coppia che non si guarda più in faccia, e infatti si combattevano a botte di spuse di culo contro culo. Spuseta aveva il culeto più piccolo e Spusòn un grande culone che talvolta lui barava dando certi colpi a Spuseta per cacciarla giù dalla collina.

Spuseta duellava per il titolo di Spusòn e Spusòn per conservare il suo titolo. Spuseta diceva “Non è giusto che voi maschi restiate sempre più in alto, anche noi femmine sappiamo fare scoregge e tanto ariose e odorose come le vostre”.

Ma Spusòn con la schiena girato diceva “Le femmine, si sa, in certe cose rimarranno sempre indietro”.

“Eh no”, disse Spuseta, “adesso ti faccio vedere io”, e scaricava mefitica il colpo.

E Spusòn “Traaan!” diceva, “becate ‘sta faina”, ma Spuseta non si spostava e i due rimanevano ormai da lungo tempo sulla collinetta chiara.

Fulgenzio tifava per la Spuseta ma pensava che alla fine avrebbe vinto Spusòn, perché non aveva mai visto una donna eccellere in tale disciplina.

“Tu sei più piccola e poi hai cominciato tardi a praticare, non puoi battermi” accusava Spusòn.

Ma Spuseta diceva che le femmine imparano prima e che poi a lei riuscivano più sonore e squillanti ed odorose maggiormente perché il suo sfintere non era consumato da troppo esercizio.

“Eppure, diceva Spusòn, è proprio per l’esercizio che sono campione”.

“Ancora per poco” diceva Spuseta e lo ribaltava con mano a sorpresa giù per terra e poi gli metteva le chiappine aperte sul naso e lo spruzzava. Tanto vapore a Spusòn e lui non ci capiva più, che già Spuseta cantava vittoria, già mezzo Spusòn, Spuseta-Spusòn.

Ma Spusòn la atterrava per le gambe e gli diceva “Così non vale”.

Niente da fare, i due continuavano a darsi le spalle e i culi in infinito duello, di giorno e di notte, sospeso solo col vento che può favorire una delle due parti o invalidare lo scontro portandosi via tutto.

A debita distanza, Fulgenzio decideva però di andare, quando successe il fatto che ora dico. Successe che da tanto tempo non mangiavano, cibandosi solo degli odori dei cibi consumati in passato, ed erano testardi ma stanchi.

E Spuseta disse “Facciamo basta”.

E Spusòn “Va bene, ma io resto Spusòn”.

E allora Spuseta “No!” e ci dava dentro ma non le usciva niente e neanche a Spusòn più niente ma l’aria ferma teneva tutte le vaporose fatte e deboli e istupiditi cadevano l’uno sulla schiena dell’altro seduti.

Poi prendevano profondissimo sonno senza duelli e non si svegliavano più perché non avevano più anima né vita dentro ma solo corpi cavi e i corpi aerei stavano tutti mescolati sopra di loro, con tutte le sostanze e i cibi e le bevande ingeriti un tempo. Cadevano in lungo letargo simile a morte e così finiva la storia di Spuseta e Spusòn.

  1. Scorreggina, generalmente poco rumorosa, caratteristica del gentil sesso. Anche: piccola scorreggiatrice.  
  2. Tanfo fetente, scoreggia di ingombrante intensità ed estensione. Anche: gran scoreggitore. Anche: tronfio scorreggiatore. Anche: tronfio.