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Una disperazione confusa

Un Diogene del XXI secolo si aggira per le strade del mondo ed è in grado di leggere i pensieri degli altri. Una disperazione confusa è strutturato come un mosaico di scene e immagini di diversa origine e specie: un puzzle di frammenti verbali, un montaggio di brani di prosa poetica, episodi tratti dalla cronaca, inserti pubblicitari, racconti in prima persona, spezzoni di dialogo, mostrati come visioni di un filosofo-homeless. Visioni, per l’appunto, confuse e disperate, ma in grado di far venir fuori un affresco sarcastico e spietato del mondo d’oggi. Il primo ZiBook Lontananze dello scrittore romano Pietro Altieri.

«Una volta in strada però la faccenda si è fatta più inquietante. C’era il solito traffico impazzito, all’incrocio all’angolo, la gente isterica, esasperata, i clackson e le sirene che tranciavano come proiettili l’aria densa, i pedoni trafelati che acceleravano il passo, ma stavolta c’era un piccolo, banale particolare che stonava con tutto il resto: le persone sui marciapiedi di punto in bianco camminavano all’indietro. Anche le auto e le moto, gli autobus, anche il traffico, tutto scorreva all’indietro, come un fiume che improvvisamente inverte il suo corso, come un film proiettato al contrario. E non ricordavano più dove andavano, avevano perso la memoria, tutti insieme, simultaneamente, e continuavano meccanicamente a muoversi a ritroso, con gesti automatici, lungo itinerari misteriosi e imprevedibili, come in un sogno, anzi, in un incubo».


Un Diogene del XXI secolo si aggira per le strade del mondo ed è in grado di leggere i pensieri degli altri. Una disperazione confusa è strutturato come un mosaico di scene e immagini di diversa origine e specie: un puzzle di frammenti verbali, un montaggio di brani di prosa poetica, episodi tratti dalla cronaca, inserti pubblicitari, racconti in prima persona, spezzoni di dialogo, mostrati come visioni di un filosofo-homeless. Visioni, per l’appunto, confuse e disperate, ma in grado di far venir fuori un affresco sarcastico e spietato del mondo d’oggi.

La rappresentazione dei modi attuali di circolazione delle parole nella mente, dei meccanismi di affioramento delle immagini, dei cortocircuiti tra lettura dei giornali e televisione, internet e letteratura, tra quello che una volta si diceva “alto” e “basso” – ci restituiscono la vita in tutto il suo divenire polifonico e sempre aperto su qualcosa di nuovo che sta per accadere.

E infine c’è il tema del tempo, o meglio del Futuro e del Passato ormai morti e sepolti, con il conseguente predominio del Presente – un Presente inquietante, quasi sacralizzato, perché dentro, nella sua stessa figura, porta i cadaveri di Passato e Futuro. Inquietante, disperato, ma illuminante: “Ti scuoiano vivo. Ti strappano il Futuro dagli occhi, il Passato di dosso, strato su strato”. Ed è forte la sensazione di essere scuoiati e deprivati non della pelle al fine di salvarci l’anima poetica, come il Marsia dantesco, ma della memoria al fine di dannarci in eterno.


Pietro Altieri (Napoli, 1952) vive a Roma, dove insegna Storia e Filosofia in un Liceo scientifico. Si è occupato a lungo di poesia, ha pubblicato su riviste come Galleria, Pragma, Il Rosso e il Nero. Ha scritto due raccolte di versi, Specchi Ustori (Andrea Livi Editore, 1991) e Ubiquità del bianco (con prefazione di Milo De Angelis).

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