Giacomo Leopardi in Germania

Il viaggio di cui si fantastica qui non è, ovviamente, mai accaduto: Giacomo Leopardi declinò l'offerta di una cattedra di filologia dantesca presso l'Università di Bonn perché intimorito dal rigido inverno tedesco. Ho voluto comunque immaginare quel viaggio in compagnia dell'amico Bunsen, colui che in effetti gli aveva offerto una cattedra in Germania e quindi la risoluzione degli assillanti problemi economici. Le mie fantasie vogliono essere un'occasione per rendere omaggio alla poesia e al pensiero del grande Recanatese, anche in rapporto alla cultura europea a lui contemporanea e posteriore – e per ribadire, se ce ne fosse bisogno, quanto determinante sia Leopardi per noi, suoi balbuzienti epigoni. Motivo non ultimo di questo mio fantasticare è il legame tra ZIBALDONI E ALTRE MERAVIGLIE e l'autore dei Canti. (A. D.)

La "torre" di Hölderlin (fotografia di Antonio Devicienti)

        A Enrico De Vivo, con gratitudine

 

 

Tra il marzo e l’aprile 1830:

 

1.

“L’Università ha concesso anche

diversi carichi di legna

per la stufa di maiolica

che scalderà lo studio

del mio caro amico.

 

Il domestico assegnato al suo servizio

provvederà alla bisogna

di una temperatura sempre calda,

confortevole, dolcemente accogliente.

 

Giacomo teme l’inverno tedesco – ma

so quanto fecondo esso saprà essere

per il suo alto genio

se solo gli sarà permesso

accesso ad una comunità che

lo aspetta e stima, che

da lui attende

parole di umanità e dottrina.

 

Due semestri, Conte Giacomo,

soltanto due semestri

 

e il calore d’un’amicizia,

di molte amicizie”.

 

2.

Lungo la dorsale adriatica

 

latte dolcificato col miele

 

sgangherata carrozza

(rumorosa e scomoda,

puzzolente di letame mal lavato)

 

contrade esauste e intristite

da governi retrivi

di preti senza luce di scienza,

di cultura.

 

A Faenza tetti d’ardesia che preparano

visioni

fantasticante andare

e muri di sasso.

 

3.

A Bologna il Bunsen gli compera

un grande mantello di pesante lana.

 

Nel bicchiere di vino rosso danza

una piuma di luce

discesa

dalle Crete senesi

fino alla sete di nobili bouquets

che il palato del Conte Leopardi

avverte nel seccume d’emozione

che gli raschia la gola

(lungo il viaggio,

spaventoso il freddo,

ma

nuovo, novissimo il mondo

che innanzi gli si para).

 

Colmi di libri i bauli

 

(ZIBALDONE DI PENSIERI

ultimi di marzo del 1830:

ho ceduto all’offerta dell’amico

generoso.

Temo il gelo.

Aspetto che mi visiti la poesia).

 

4.

Se l’Italia frantumata

saprà mai risollevarsi.

 

Gli amici di Toscana generosi

gli hanno donato

qualche danaro:

credono in lui. Fermamente.

 

Frantumata l’Italia lo

ignora –

lo lascia a morire

di freddo.

 

Due semestri in Germania –

filologia dantesca –

il gelo del clima invernale –

il caldo di altre menti votate

al sapere.

 

Libero

finalmente

dal bisogno materiale.

 

5.

“Spesso parliamo tedesco:

 

correggo i suoi (rari) errori.

 

Elogia la mia lingua

sì duttile ad esprimere il pensiero, dice;

trova straordinarie

ricchezza e versatilità lessicali.

 

E la Vostra lingua, allora?

 

Rileggo le Ricordanze:

 

nel Vostro pessimismo

radicale e lucidissimo

l’amore per la lingua

è forza e bellezza

alto impegno di stile e di concetto.

 

Fermo il Vostro lucido guardare

il Nulla negli occhi.

Ammiro il Vostro coraggio,

la nobiltà d’animo,

la mente concentrata nel vero

nudo e implacabile.

 

Vi è inviso lo spiritualismo,

or vago or quasi superstizioso,

di tanta letteratura

languida bambola ostaggio

della moda.

 

Vi è inviso il superficiale

miope ottimismo a buon mercato.

 

Rileggo le Operette morali.

 

6.

Len-

tis-

sima scorre la Pianura lombarda

e le alberete e i cascinali.

Poi il Verbano s’affaccia

azzurrissimo

ai vetri della carrozza;

indica la strada

verso il Nord.

 

Tenero verde delle ortensie.

 

Il ricadere dei glicini.

 

7.

Una luce peculiare per ogni città,

rammenta Leopardi:

rossi riverberanti ed ocra di Bologna

bianchi perlacei di Firenze

lampeggianti verdegrigi di Venezia

afosi marroni di Roma.

 

8.

Traversando la Svizzera,

oltre il Gottardo.

 

Bianco, in alto il bianco profilato di cielo.

 

“Ho timore per il mio amico –

lo accompagno nel viaggio cui

l’ho persuaso

non senza rimorsi (da parte mia)

non senza terrori (da parte sua)”.

 

Il Bunsen scruta il volto del Conte,

ne anticipa i desideri

(sempre modesti, invero).

 

9.

Tema del freddo e della neve

del bianco e del silenzio.

Tema dell’ospitalità

in un’altra lingua.

Debole il corpo, impaurito

dal lungo viaggio,

facile il corpo a stancarsi.

 

Tema della lontananza.

 

10.

Allontanarsi ora da Zurigo

(sui tetti stridono

le banderuole segnavento –

ultimi nevischianti giorni)

entrare nel Württemberg.

 

Abitare ora tra le lingue

e ospitalità chiedere

da una lingua

nell’altra.

 

Quello del poeta è

mestiere di viandante.

 

Migratoria attitudine.

 

Fotografia di Antonio Devicienti

Fotografia di Antonio Devicienti

11.

Nel Gasthaus di Friburgo

trovano fiori freschi sul tavolo

in camera.

 

Pur inappetente, Giacomo

apprezza però il dolce di panna e ciliegie –

è incuriosito dal caffé che

paziente e lento

accompagna la conversazione,

la meditazione.

 

La Gastwirtin porge ai viaggiatori

calze pesanti di lana

profumate di lavanda.

 

Li invita a sedere davanti

al focolare

che ha acceso per loro.

 

12.

Viaggiano alla volta di Bonn

per onorare l’Alighieri,

la sua lingua.

 

È amore alla poesia.

 

Leopardi sorride grato al domestico

che silenzioso e servizievole sistema

il baule-scrittoio in camera.

 

Dolcissime ore dopocena

a stendere note al Poema dantesco!

 

(e si volge il disìo alla poesia

spalancano le parole del Maestro

sempre nuovi orizzonti sempre

più vasti sempre

più svariando in lontananza

in profondità di concetti

in altezza di pensiero

sempre convocando moti nuovi

d’affetti, d’idee).

 

Non si deve qui risparmiare

sulle candele: ardono, tante,

e riscaldano l’occhio che

il moto della mano segue

nello scrivere.

 

S’impingua frattanto lo zibaldone

di pensieri.

 

13.

Quando discendi alla radice

etimologica della tua lingua;

quando cerchi quello

che

ne sta all’origine;

quando il viaggiatore

gustando tra sé e sé

parole nella sua lingua

attraversa regioni di un’altra lingua.

 

14.

Nuota la Luna sopra i tetti

cuspidati di Friburgo.

 

Un libro di Heine, das Buch der Lieder,

dimenticato da un ospite distratto

nel salone del Gasthaus.

(Ad Occidente da qui

s’apre

la modernità –

 

fuggirà – ma

sarà davvero fuga? o non

un migrare

verso spazi più liberi?

ancora poco e andrà a Parigi

il poeta ebreo

 

libertà va cercando ch’è sì cara. . . . .

non desiderano

libertà

i suoi compatrioti?

Larghe plaghe d’Europa

cieche a servire

i tiranni?)

 

(e poeti come una ferita

nel corpo della lingua-

poeti rifiutati, poeti rimossi, poeti male intesi).

 

Uno spazzacamino in ferro battuto

s’arrampica

da sempre e per sempre

sul tetto della casa di fronte.

 

Durante la notte

Giacomo si sogna

a volare sopra sabbie d’argento

poi torri e galli segnavento

 

appare un fiume nella valle.

 

15.

Giacomo ha saputo del Poeta Folle

rinchiuso nella torre a Tubinga.

 

Occorre deviare dal percorso.

Gli rendono visita.

 

È un vecchio l’uomo in piedi

davanti alla finestra.

 

L’Italiano ne misura sùbito

la distanza incolmabile

tra il duro nucleo di assopita

coscienza e lo spazio della stanza,

entro cui stanno

loro due, gli estranei, – e la luce.

 

Leopardi s’inchina davanti al Poeta,

si scusa,

gli sembra ora indelicata

quell’intrusione.

Quasi si vergogna.

 

Hölderlin pronuncia “pallaksch”

e rimane tranquillo, le spalle

alla finestra.

 

Odora la torre di colle da falegname

e al pianoterra le ragazze della casa

cantano, mentre ricamano.

 

16.                 

Lasciano Tubinga

che il rintocco delle campane

allaga di suono.

 

Quanta sofferenza accoglie

una mente che recide sé

dal mondo!

 

Quanti sogni, quanti ideali

si dissolveranno poi

nel nulla!

 

E una cella nella torre

dond’essere contemporaneo

del mondo.

 

Giacomo ridice tra sé e sé

qualche verso del Canto notturno

(ci lavora con alacrità,

ne va definendo la stesura finale).

 

Come scrisse il Poeta tedesco tempo addietro?

 

Nel vento gelido stridono le banderuole.

 

È scabra indifferente muta superficie

lunare

il nostro esistere.

 

Come acqua di scoglio

in scoglio precipitata

lungo gli anni nell’incertezza,

in giù.

 

17.

Quando mi dipartii da Circe . . . . .

 

Un baule colmo di libri.

 

Durante la notte a Karlsruhe

Leopardi si avvolge in un mantello

di luce lunare

e cammina sopra i tetti

della città.

 

Scrittoio da viaggio fluttuante sopra

i colli marchigiani

a Occidente di essi lattescente il Gianicolo

e l’estuario dell’Arno, a Pisa, più a Nord –

sedersi allo scrittoio che lento vola,

sfregare le dita intirizzite

e

scrivere!

 

Migranti

anatre mandarine controluna.

 

18.

“Ecco: seguiremo il corso

del Grande Fiume

fino a Bonn.

 

La mia è terra di fiumi,

di grandi, lente chiatte

che li navigano.

 

E l’idea m’assale repentina,

quasi assassina,

ridicola forse:

 

Conte Giacomo, proseguireste

il viaggio

in battello?”

 

19.

I battellieri accettano,

prendono a bordo i forestieri.

 

La chiatta oscilla,

Leopardi ha le vertigini,

 

poi lo assale la nausea,

si sporge fuori bordo.

 

Ma non è più un ragazzino, cribbio!

 

Odia il proprio corpo

disobbediente e goffo

 

mangiucchiato da ridicoli malesseri

tirannico nell’aver freddo, sempre freddo –

 

sull’acqua s’accende l’aprile

 

il battelliere capo parla di sua

moglie, incinta, che lo aspetta

 

e Bunsen ascolta, ma

è in ambasce per l’amico.

 

(La nausea si placa, piano,

mentre scivola la chiatta

sul Fiume che sfolgorando

addita la Strada del Nord).

 

“È lungo il viaggio verso la foce,

cari signori.

Un’intera vita avanti e indietro

da Sciaffusa a Rotterdam: e

caricare

mandorle, seta, vini, tutto quello che

noi non potremo mai comperare e

trasportare

un siciliano canto

un agostano sole fattosi vino

centinaia di braccia di seta comasca

rinchiusi nella juta di robusti sacchi

o nel rovere d’antiche botti.

Talvolta traghettiamo esuli.”

 

20.

Approdano a Magonza –

proseguiranno in carrozza.

 

E sempre poesia: quotidiana

disciplina dell’esistere.

 

21.

COME CONCLUDERE

il Canto notturno, come concludere?

 

Poesia inenarrabile andare.

 

Fotografia di Antonio Devicienti

Fotografia di Antonio Devicienti

22.

“Mi piacerebbe mostrarVi

la Brughiera di Lüneburg

e le pianure della Pomerania, del Meclemburgo,

dilatati spazi a continuare

fino a noi

le infinite distese d’Asia.

 

Quanto concordi col Vostro poetare

le vastità terracquee del mio Paese . . . . ”

 

Leopardi ascolta. Annuisce.

 

Quell’amicizia

quel viaggio

gli dànno calore, conforto.

 

Gli duole il corpo

martoriato dai sobbalzi.

 

Vigile la mente,

curiosa,

assetata.

 

23.

Ricordi?

L’attesa d’una parola sapiente

e dire a che i poeti nei tempi

di carestia.

Ricordi?

 

24.

Un bicchiere di pochissimo vino del Reno

 

due coperte sulle gambe

 

(COME CONCLUDERE

il Canto notturno, come concludere?)

 

– e gli sovvengono i sogni,

 

quelli d’uomo maturo

e quelli di giovinetto.

 

Insonni notti, brevissimi sonni.

Viaggi, nel sonno.

 

Viaggi in volo.

Lune nel vino dello specchio galleggiano.

 

25.

Tema del volo e dello scrivere

tema del viaggio lungo

 

e lento

 

e traverso il bianco del freddo.

Fecondo bianco per la stagione

che verrà.

 

26.

Si spalanca la Luna

sopra i tetti cuspidati di Coblenza

 

ospiti in casa d’un amico del Bunsen

 

incisioni di Albrecht Dürer

lungo è il dopocena a discutere

d’arte

 

MELANCHOLIA:

un compasso tra le mani

a misurare la vanità del tutto

 

e l’abilità dell’arte

a muovere il bulino sulla lastra.

 

Le figlie dell’ospite suonano

Beethoven al pianoforte.

Una di loro canta.

 

Conosci la terra dove fioriscono i limoni?

Nell’ombra densa delle foglie ardono le arance . . . . .

 

27.

Un sorriso, forse?

Soltanto per lui?

Tenue rossore delle guance

ed occhi concentràti

sulla partitura.

 

Forse un vago cenno del pensiero

nella fanciulla gentile:

Venite anche Voi dal paese

assolato di Mignon.

 

28.

Durante il sonno

Leopardi cammina sospeso

stringendosi al petto

i lembi del mantello

di luna

 

cristalli di ghiaccio le stelle.

Con le dita li sfiora.

 

Un baule colmo di libri

(terrazzati vigneti)

s’abbandona il salice al fiume.

 

Da quelle altezze si scorge

Parigi-tappeto-di-luce

 

e più in là le Fiandre:

la Manica inquieta, insidiosa.

 

I boulevards

e un battello ebbro tra pochi anni

a discendere fiumi

boulevards (e la poesia)

le spleen, l’idéal

(e la poesia per dire

il caos della mente

oltre se stessa

scaraventata).

 

29.

Sapeste quanto decisiva

la Vostra poesia, Conte Leopardi,

per gli anni a venire.

 

Italia, asfissiante provincia.

 

30.

Eticità e bellezza

del verbo studiare.

 

Matura lentamente il libro.

 

31.

E se Voi voleste, conte Giacomo,

se Voi voleste

V’offrirei un viaggio a Dresda

nella pausa tra i due semestri:

 

Vi porterei a conoscere

un pittore:

 

blu

e sotteso blu.

La gamma vastissima

dei bianchi.

 

Macina ed amalgama i pigmenti

come nell’uso antico,

prepara da sé i colori.

 

Studi sull’esistere –

l’esistere traverso il vedere –

le finestre del suo studio danno

sul fiume –

vedere è pensare –

pensare è vedere

 

Il mar da lungi ?

 

32.

La biblioteca di Palazzo Leopardi,

la stanza sull’Arno a Pisa

ed ora gli spazi di Germania:

non

luoghi d’isolamento.

 

Al contrario, invece,

ben al contrario:

così stare

ben dentro all’esistenza di tutti:

ben dentro al mondo.

 

33.

Adesso va’, parola,

fino alla stanza del Poeta.

 

È notte: sei sola nello spazio

azzurro.

 

Adesso abiti, sola, tra le pareti

abbuiate.

Ti avvicini alle finestre schermate,

vuoi abituare le pupille alla

luce che dal Tempo

filtra nel recinto intriso di stupore.

 

Ascolta, parola, férmati e ascolta.

 

Ondeggia di mondo la stanza.

 

Il dolore si fa lame di canto.

 

Ultima tappa:

domani:

a Bonn.