Scrittura è andare

Andare a piedi, portare (letteralmente portare sulle gambe e sui piedi che si muovono) il proprio corpo attraverso strade di città, edifici, strade e sentieri fuori della città, attraverso boschi, lungo corsi d'acqua è scrittura in atto e preludio alla scrittura che si materializzerà sul foglio.

di in: Gianni Celati

Forse è banale affermarlo, ma la scrittura è andare: andare del pensiero mentre insegue idee e visioni, andare della mano che scrive, andare concretissimo delle linee di scrittura che si dispongono sul foglio come solchi – o come sentieri.

Andare a piedi, portare (letteralmente portare sulle gambe e sui piedi che si muovono) il proprio corpo attraverso strade di città, edifici, strade e sentieri fuori della città, attraverso boschi, lungo corsi d’acqua è scrittura in atto e preludio alla scrittura che si materializzerà sul foglio.

Perché la scrittura è una questione di ritmo, di tempi e di spazi: il pensare e il fantasticare che si accordano, nel respiro e nel moto del corpo, con l’andare e con il guardare; ecco spiegato come mai l’insegna di una vecchia officina all’ingresso del paese o i solchi luccicanti di pioggia in un campo ancora spoglio, la ghiaia di una camionabile o la fila di pioppi lungo una forra d’acqua sono approdi del pensiero e del fantasticare e loro nuovo punto di partenza: si arriva lì con il passo voluto e concesso dal proprio corpo, si guarda, si ricorda, si ricamano storie, s’intrecciano ricordi alle storie inventate – così il taccuino si riempie di nuovi appunti.

E anche un’automobile serve allo scopo: raggiungere un posto da esplorare, muoversi rapidamente per decelerare quando necessario, accostare, scendere: guardare. E ricominciare a camminare.

Non si dimentichi però che la scrittura-che-è-andare si riempie sempre (deve sempre riempirsi) di personaggi, che il bar del paese, la stazione di rifornimento, la casupola a ridosso delle barene, la vecchia città dai muri color dell’ocra respirano solo se vi è la gente che lì vive e che parla, che racconta e che ricorda.

È un muoversi amorevole e goloso attraverso spazi e storie, è un andare fantasticante che nulla ha a che fare con l’irrequietezza o con l’insoddisfazione, sì invece con la curiosità e con il muoversi naturalissimo del pensiero, con un amore alla vita che non potrebbe concepire sé stessa altrimenti che come questo suo bisogno di andare, di guardare, di raccontare e di raccontarsi.

(Leggendo Gianni Celati)

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