La bambola regina

Una Bambola Regina che non smette di crescere e un micrognomo che non smette di parlare, in un mondo che sta per morire.

“La grande palude di sabbia nel cuore della Città delle Bambole… il vento solare solleva una nube di sabbia rossastra incandescente che si sbriciola dentro gli occhi degli abitanti. Nella Città delle Bambole uomini e donne, indifferentemente, piangono sangue.

Nei palazzi la Bambola Regina viene costantemente tenuta in movimento dentro sarcofagi di cristallo che col tempo diventano sempre più grandi. Il regno della Bambola Regina è cominciato il giorno della sua morte: la bambola dovette inizialmente essere depositata in un sarcofago non più grande di una scatolina di fiammiferi, e quello fu l’oscuro inizio della sua traslazione da un edificio all’altro della città.

All’inizio la Bambola Regina venne tenuta in tasca da cittadini comuni, persino da condannati all’anonimia – una delle pene più severe nella Città delle Bambole –, che magari l’avevano raccattata da terra tra le foglie marce e la fanghiglia che le chiazze di pioggia ininterrottamente emesse dall’oceano fanno scivolare dal cielo impiastrandosi dei grani di sabbia sospesi –– e in quegli acquazzoni non più larghi del tetto di una capanna e lunghi giusto il tempo necessario per sporgere le mani e dire “piove”, gli abitanti trovano uno dei rari momenti di pace diurna dal continuo e nebuloso inferno della sabbia celeste. Non è facile vivere in un pianeta che sta, come tutto quaggiù, morendo.

La Bambola regina cresce di un millimetro all’anno, perciò gli abitanti hanno impiegato intere generazioni prima di rendersi conto che il suo regno era iniziato. I primi portatori erano, come s’è detto, poco più che dei nessuno, e un nonnulla, chi l’avesse vista, avrebbe creduto allora che fosse la Bambola.

Sono tutt’ora in corso accanite discussioni accademiche per risalire, attraverso calcoli geometrici a ritroso, al primo anno di regno della Bambola Regina, alla evanescentissima trafila dei suoi primi portatori – taciturni e gracili bambini al seguito di luna park zingari, bambine col frac terrorizzate dai suoi occhi di vetro notturni –– le discussioni vengono periodicamente aggiornate e riattizzate da professori che altrimenti non avrebbero ragione di esistere (e del resto chi mai ce l’ha avuta se non la Bambola), ma la soluzione del problema dell’origine del regno non è in realtà (ossia: fuori dai palazzi e dalle accademie), poi molto complessa, dato che il numero di serie stampigliato sul sederino – “sederino” oggi ormai grande come un uomo adulto in posizione fetale – della Bambola Regina permetterebbe di risalire alle dimensioni originali del modello, e di procedere matematizzando di conseguenza.

La necessità di un simile calcolo è di tipo politico: ogni governo instauratosi durante quello che viene chiamato il Regno Incognito (ossia il regno in cui nulla si sapeva dell’avvento del regno) benché fosse un governo democraticamente eletto o altre volte autoimpostosi con la violenza, è da considerarsi abusivo, e le sue leggi nulle, risiedendo com’è oggi lampante ogni potere e forza di legge nella Bambola Regina.

Il radicale capovolgimento – alcuni, tollerati dall’infinita clemenza della Bambola Regina, preferiscono parlare di caos – giuridico cui andrebbe incontro la nazione se si desse corso a tale pur legittima cancellazione delle leggi passate è il secondo motivo per cui la discussione per determinare l’anno di morte della bambola viene costantemente rinfocolata, e sotto la pressione congiunta di tali due forze (accademica e politica) è arduo anche solo sperare che la questione possa mai avvicinarsi anche di un solo millimetro al proprio scioglimento.

Chi ci garantisce, sostengono ad esempio alcuni, facendo abdicare la ragione geometrica a favore di una sorta di misticismo del giocattolo e del regno, chi ci garantisce che le dimensioni originarie della Bambola Regina corrispondessero a quelle dei modelli suoi gemelli in commercio? Non è legittimo e forse persino doveroso sospettare, immaginare e infine con delle ennesime ed ogni volta salutate come conclusive “Nuove/ulteriori/extravaganti osserva-/considera-/investiga-zioni sopra / a margine / intorno a…”, “Note su…”, “Postille a…” con tanto di strascichi bibliografici da cirumnavigarci il mondo e l’oltretomba, cercare di determinare un quod distinguitur nel corpo della Bambola Regina rispetto alle altre bambole uscite dalla fabbrica?

Come possiamo, incalzano altri in apparenza più razionali, ma che in realtà non fanno altro che mimetizzare con più accortezza l’elemento mistico che, innestato a tavolino per gli scopi che si è detto, serve solo per intorbidare la discussione, come possiamo essere certi che la morte – e con ciò l’avvento del regno – della Bambola Regina sia avvenuta nel momento esatto in cui lei hai cominciato a crescere?

Gruppi avversari di terroristi hanno aggiunto non poco pepe a questi altrimenti alquanto aridi dibattimenti. Sobillati di certo dall’uno o dall’altro teorico accademico (ed è ahimè provato che siano proprio gli studi e gli uffici di certi ancora per poco occulti professori tra i principali centri di reclutamento terroristico) cellule particolarmente violente hanno nel corso del tempo effettuato una seria di sanguinari attentati contro la popolazione.

Benché sia chiaro che scopo di tali attentati fosse imporre attraverso il sangue questa o quella teoria accademica, le effettive posizioni delle singole cellule (sempre che isolate cellule siano, e non un’unica tenebrosa e ramificata organizzazione, bisbiglia chi vede le ripetizioni, le abominevoli somiglianze tra un attentato e l’altro, quasi fossero anche loro usciti in fila l’uno dietro l’altro da un’unica fabbrica) restano ancora poco chiare, non essendo al momento stati gli attentati seguiti da alcuna dichiarazione chiarificatrice o programmatica.

Né si può escludere che il silenzio dei terroristi sia parte della strategia: sarebbe infatti rassicurante trovare, anche nella strage, un qualsiasi disegno. E così… Il numero di proiettili ultraperforanti sparati in ogni direzione dal mitradrone prima di disintegrarsi allude forse agli anni che secondo un certo gruppo terroristico vanno attribuiti al regno della bambola? Nel colore della scheggia di un secondo mitradrone usato da un altro (o dallo stesso) gruppo terroristico in un altro (o è sempre lo stesso, non ancora portato a termine) attentato vanno forse rintracciati indizi di una qualche araldica, di una qualche atroce allucinazione alchemica? Si rovista nel sangue cercando una traccia…

Uno degli ultimi attentati è stato anche il più tremendo: un solo mitradrone, lasciato strisciare con quelle sue mosse di serpente ortogonale nei locali sotterranei di un palazzo, al momento della detonazione ha provocato più di ottocento morti, falciati dalle raffiche di proiettile ciecamente emesse dalle squame d’acciaio del finto rettile.

Confesso,” concluse qui il micrognomo con un sospiro che forse voleva essere mesto ma che alle nostre orecchie suonò come il sibilo di una zanzara, “confesso di aver provato un moto d’amore patriottico vedendo le immagini di sorveglianza dell’attentato. Il movimento del mitradrone e le raffiche di proiettili erano così inconfondibilmente caratteristici della mia regione d’origine…” e premendosi una minuta mano sul cuore sorrideva tristamente.

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È indescrivibile la crescente ilarità, al limite del delirio, che si era impossessata dei presenti durante la piccola relazione dell’esserino.

Il micrognomo non era più grande di un’unghia, e perché la sua vocina potesse essere sentita era stato allestito un complicato insieme di microfoni e piccoli imbuti acustici che non facevano che rendere ancora più comica la figurina, e la sua voce di cardellino. E quasi ci trovassimo tutti quanti dentro una fiaba, ognuno era estasiato dalla perfezione con cui i più minuti dettagli degli abiti dell’esserino erano stati realizzati da chissà quale inimmaginabile formicolio di entomatici artigiani – lacci delle scarpe sottili come i capelli di un neonato, bottoni delle dimensioni di una capocchia di spillo – ed aveva del miracoloso, benché l’azione fosse delle più banali, il modo in cui le manine infinitesimali del micrognomo sparivano nelle sue tasche quando si fermava per fare una piccola pausa dopo un punto che a suo giudizio poteva essere particolarmente sconcertante, come per lasciarci il tempo di mandar giù la pillola invero per noi del tutto impercettibile e che a lui doveva apparire di tanto momento.

Ma il momento in cui nessuno poté più trattenere le risa fu quello in cui finalmente quaranta portatori entrarono portando solennemente sulle spalle i sarcofaghi della bambola Regina, che risultarono essere poco più grandi di un barattolino di maionese. “Sarcofago significa mangiatore di carne,” squittiva impettita la creaturina, mentre tutti ormai ridevano a creapapancia soppesando i due sarcofaghi, che erano in effetti incredibilmente pesanti sebbene sembrassero essere fatti di latta. I presenti se li passavano l’un l’altro con le lacrime agli occhi, i portatori che disperati allungavano le braccia verso il loro tesoro, e in effetti più di una volta, con sommo e impotente orgasmo dei portatori e del micrognomo stesso, le risate da cui tutti eravamo scossi come bambolotti furono sul punto di far cadere le due inaudite scatoline.

“Sono due per la sicurezza della Bambola Regina: uno dei due è falso,” spiegava il micrognomo cercando di dominare il panico e la rabbia.

Usando dei pezzetti di cartoncino come si fa coi ragni o gli scarabei, dei ragazzini avevano catturato uno dei portatori e adesso lo stavano punzecchiando con degli spilli da sarto per farlo saltare di qua e di là. Gli strilli e le mossette della cosina ogni volta che veniva trafitta erano invero spassosissimi, né alcuno di noi era troppo impressionato dalla pozzanghera di sangue non più larga di una briciolina di pane che si stava allargando ai suoi piedi. Lo pungevano sui piedi, sulla schiena giù giù fino alle chiappine… Nessuno degli altri portatori, né il micrognomo ormai annichilito dalle nostre risate, osavano intervenire – né del resto avrebbero potuto fare alcunché. Il portatore non saltava più. Boccheggiava gattoni, specchiandosi nel proprio sangue in attesa della fine. Nessuno di noi si faceva avanti per spiaccicarlo una volta per tutte e porre fine alle sue sofferenze, che del resto le sue dimensioni di coccinella sminuivano ai nostri occhi fino al limite dell’indifferenza – e poi del resto chissà: che fosse un fantasma di considerazione per la sua sorte, questo lasciarlo in agonia senza infliggergli la grazia di un colpo di schiacciamosche come avremmo fatto con un qualsiasi insetto?

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I millimetri poi. Ci fu chi parve sull’orlo di una vera e propria crisi di convulsioni gelastiche (un medico, piegato pure lui in due dalle risate, fece anche il gesto di indossare lo stetoscopio per auscultare chi era ormai riverso, paonazzo e senza respiro, quasi pietrificato dall’enormità di una risata troppo grande per il suo cranio e il suo corpo e la sua intera anima) quando da uno dei già di per sé esilaranti taschini interni della sua giacchetta il micrognomo tirò fuori un righello di legno lungo quanto un singolo nostro centimetro, righello suddiviso in 15 micrognocentimetri (come subito vennero battezzati da chi aveva ancora abbastanza fiato e cervello per articolare una parola nel fiume di risate) e in 150 micrognomillimetri, pertanto corrispondenti a 1/15 dei nostri millimetri. In 800 anni la Bambola Regina era passata dalle dimensioni di un grano di pepe a quelle attuali di un’alice marinata! Una cosa da non poterne più. Certuni cercavano l’uscita brancicando nel vuoto come ciechi, sperando forse di aver tregua dalle risate una volta fuori dalla stanza.

 “Eppure continua a crescere,” borbottava l’omino piccato, senza che nessuno di noi ormai lo stesse più di tanto ad ascoltare, “cresce e cresce e crescerà sempre, accumulando le forze per il suo regno… Squadre di architetti accecati dalla sabbia rovente della Città delle Bambole hanno costruito per lei sarcofagi sempre più elaborati e resistenti, e incessantemente preparano quelli futuri, pur consapevoli che l’ultimo, quello della fine dei tempi, per poter essere completato e per poter contenere una Bambola Regina di dimensioni ormai infinite richiederebbe un tempo infinito per essere portato a termine.

È dunque da sempre troppo tardi perché la Regina possa finalmente trovare la pace.”

(Bilbao, 6 agosto 2023)