Predizione pantagruelina per l’anno perpetuo

Le previsioni impeccabili e inconfutabili di Mastro Alcofribas, alias François Rabelais, per l'anno che verrà, magistralmente tradotte da Eolo Lapo Marmigli, alias Paolo Morelli.

di in: Inattualità

Predizione pantagruelina
certa, veridica e infallibile
per l’anno perpetuo
novellamente redatta a profitto e avvertimento
di genti sballate e perdigiorno per natura
da mastro Alcofribas
architriclinio del famoso Pantagruele

Del numero d’Oro non dicitur:
Per quanti calcoli non abbia fatto,
io quest’anno non ne trovo affatto.
Passiamo oltre.
Verte folium.

Al lettore benevolo

Salute e pace in Gesù Cristo


Considerando l’ammasso di Previsioni di Lovanio1, elaborate all’ombra d’un bicchier di vino, nonché gli infiniti abusi perpetrati a loro causa, ve ne ho qui calcolata una delle più sicure e veritiere che si siano mai viste, come l’esperienza vi proverà. Poiché senz’alcun dubbio, stando a ciò che il re Profeta dice a Dio nel salmo V: ‘Tu annienterai tutti coloro che dicono menzogne’, non è peccato veniale quello di mentire sapendo di mentire, menando per il naso la povera gente avida di notizie. Come in particolare son sempre stati i Francesi, fin dall’inizio dei tempi, secondo ciò che scrive Cesare ad esempio, nei suoi Commentari, e Jean de Gavot nelle Mitologie Galliche2. Ed è ciò che ancora vediamo in Francia a tutt’oggi, dove le svelte domande che si fanno alle genti arrivate di fresco sono: ‘Che novità? Sapete nulla di nuovo? Che si dice? Cos’è che ronza per il mondo?’. E talmente son fissati, che spesso si sdegnano addirittura verso coloro che arrivano da paesi stranieri senza riportare valigie piene di novità, e gli dicono imbecilli e rimbambiti.

Se dunque, non solo son così pronti a domandar novelle, ma pure facili a credere a tutto quello che gli si dice, non sarà il caso di piazzare gente degna di fede alle entrate del Regno, e di pagarli perché esaminino le nuove in arrivo verificando se son vere? Senza dubbio, dico io. Così ha fatto per esempio il mio buon maestro Pantagruele nei paesi di Utopia e Dipsodia, e tanto bene glien’è incolto, tanto prospera il suo territorio, che al momento nemmeno riescono a bersi tutto il vino che c’è, e toccherà loro spanderlo in terra, se non accorrono a dargli una mano allegre brigate e forti bevitori.

Volendo dunque placare la sete di novità di tanti buoni compari, ho messo mano a tutti gli scartafacci celesti, calcolato le quadrature lunari, trafugato ciò che passa per la testa ad Astrofili, Ipernefelisti, Anemofiliaci, Uranopeti ed Imbriferi, per poi confrontare il tutto con Empedocle, il quale, a proposito, si raccomanda alla vostra benevolenza.

E la dovizia di Tu autem che ho piazzato nei brevi capitoli che seguono, vi assicura che non ne dico se non ciò che ne penso e non ne penso se non ciò che ne è, e il risultato, in tutta verità, è ciò che leggerete qui sotto. Potete star sicuri che ciò che leggerete è stato passato al vaglio ben bene, di storto e di traverso, e c’è caso che si avveri, come c’è caso che non si avveri punto.

Ma d’una cosa v’avverto: se non ci credete mi fate un tiro ben mancino, per il quale, o qui o da altra parte, sarete puniti come si deve. Ad esempio, assaggerete sulle spalle piccole, prelibate staffilate in salsa di nerbo di bue, ed anche vi sarà concesso di sorbirvi l’aria a sorsi piccoli come fanno le ostriche, quanta ne vorrete, visto il caldo che farà se il fornaio non s’addormenta3.

A questo punto voi mocciosi smocciatevi il naso, e voialtri, stagionati visionari, inforcate gli occhiali e soppesate bene queste parole, come su una bilancia custodita religiosamente.

 

Capitolo I

Sul governo e sul signore che ci saranno quest’anno


Qualsiasi cosa vi ammanniscano gli scriteriati strologhi di Lovanio, Norimberga, di Tubinga o di Lione, state pur certi che quest’anno non vi sarà altro governatore dell’universo che Dio il creatore, il quale tutto regge e modera al mondo con la sua parola divina, per la quale sono tutte le cose create nella loro natura, virtù e condizione, e tutte, prive del suo governo e sostentamento, si ridurrebbero a niente in un secondo, proprio come dal niente son state da lui prodotte così come sono. Poiché da lui proviene, in lui è, e attraverso lui si perfeziona ogni essere e ogni bene, la vita e il movimento, come afferma la squilla evangelica monsignor San Paolo nella Lettera ai Romani numero XI. Dunque, il governatore di quest’anno e di tutti gli altri a venire, secondo il nostro veridico verdetto, sarà Dio l’onnipotente. E non avrà Saturno virtù veruna, né Marte efficacia, né Giove influenza alcuna e nemmeno gli angeli e i santi, figuriamoci gli uomini o i diavoli, se non a Dio piacendo e a suo dono. Come del resto dice Avicenna: le cause seconde non possiedono influsso né potere, se non agisce la causa prima. Non ha forse bene detto, quel simpatico piccoletto?

 

Capitolo II

Sulle eclissi di quest’anno


Quest’anno vi saranno talmente tante eclissi di sole e di luna che ho paura (e non a vanvera) che le nostre borse patiranno il vuoto, e i nostri sensi ne avranno scompiglio4. Saturno sarà retrogrado, Venere diretta, Mercurio incostante, e un bel po’ di altri pianeti andranno per i fatti loro e non staranno certo ai vostri ordini.

Per cui, durante l’anno in questione, i granchi cammineranno di fianco e i cordari a dietroculo, gli sgabelli monteranno sui banchi, gli spiedi sugli alari e i berretti sui cappelli. A molti ciondoleranno i coglioni per carenza di braghe adatte, le pulci saranno nere in grande parte, il lardo fuggirà i piselli in quaresima. Il ventre andrà davanti, il culo siederà per primo. Non si riuscirà a trovare la ciliegina per la torta dell’epifania. L’asso non andrà a primiera, i dadi non vi diranno bene manco se li allisciate e, in ogni caso e molto in generale, di rado la sorte coinciderà con le attese. Le bestie parleranno in luoghi diversi da quelli dove siete. Martedì Grasso alla fine avrà la meglio: metà del mondo si maschererà per gabbare l’altra metà e tutti correranno per strada come dementi; e mai in natura si vedrà un disordine simile. Inoltre, ben XXVII verbi anomali verranno coniati, se Prisciano5 si distrae un attimo. Se Dio non ci aiuta faremo magri affari, invece se è dalla nostra parte nulla ci potrà nuocere, come dice al riguardo l’astrologo celeste, quello che poi venne rapito in cielo, nella Lettera ai Romani numero VII: Si Deus pro nobis, qui contra nos? Io rispondo: Nemo, Domine, in fede mia, perché lui è troppo buono e troppo potente. E visto che ci troviamo, benedite il suo nome santo.

 

Capitolo III

Sulle malattie di quest’anno


I cecati, quest’anno, ci vedranno ben poco, i sordi ci sentiranno molto male, i muti non spiccicheranno parola, i ricchi se la caveranno un po’ meglio dei poveri e i sani decisamente meglio dei malati. Un bel po’ di montoni, buoi, maialini, giovani oche, anitre e pollastri periranno, la moria sarà invece meno diffusa fra scimmie e dromedari. A causa degli anni passati, la vecchiaia quest’anno risulterà incurabile. Gli affetti da pleurite avvertiranno un forte dolore al costato. Coloro che vanno soggetti a smosse viscerali correranno spesso al gabinetto. I catarri di quest’annata scenderanno giù dal cervello fino agli arti inferiori. Il male agli occhi impedirà la vista di parecchio. In Guascogna, più del solito, le orecchie risulteranno corte e anzi rare6. E poi, quasi universalmente deflagherà una malattia seria, orribile, maligna e perversa, terrificante e fetente, che renderà ebete il mondo, per cui molti non sapranno dove sbattere la testa e anzi partiranno per la tangente, ragionando di fino sulla pietra filosofale e sulle orecchie di Mida7. Tremo di paura solo a pensarci, poiché debbo dirvi che si tratterà di quel tipo di epidemia che Averroè, nel capitolo settimo del Colligeto, chiama micragna, ovverosia sete di denari.

Infine, prendendo in considerazione la cometa dell’anno passato e la retrogradazione di Saturno, si vedrà che quando un gran farabutto, catarroso e in stato di rogna avanzata morirà all’ospedale, si scatenerà una rissa tremenda fra ratti e gatti, lepri e cani, anitre e falconi nonché tra i monaci e le uova.

 

Capitolo IV

Sui frutti e ricchezze che vengon su dalla terra


Tra i calcoli fatti da Albumasar8 sul libro della Grande Congiunzione e anche altrove, trovo che quest’annata sarà fertile anziché no, con abbondanza d’ogni bene a quelli che ne avranno di che. Il luppolo però di Piccardia soffrirà un pochino il freddo, l’avena farà un gran bene ai cavalli, quasi non si troverà lardo che di maiale e infine, causa i Pesci ascendenti, sarà un’annata più che buona per patelle e padelle. Nonostante Mercurio minacci il prezzemolo, se ne potrà avere comunque a prezzo ragionevole. Crescione amaro e passiflora cresceranno a dismisura, vista l’abbondanza di pere mordacchie9. Della quantità di vino e grano, frutta e verdura non se ne sarà mai vista l’eguale, sempre che le preghiere dei disgraziati vengano ascoltate.

 

Capitolo V

Sulla condizione di alcune persone


Non c’è follia maggiore al mondo che quella di pensare che vi siano astri fatti per re, papi e gran signori, piuttosto che per poveri e tribolati. Come se fosse possibile che dai tempi del Diluvio, o di Romolo o di Faramondo10 in poi, si creino stelle apposta ad ogni nuova investitura. Nemmeno Rigoletto o Quagliarella11 avrebbero sostenuto una cosa del genere, con tutto che erano persone d’alta cultura e altrettanta rinomanza, e addirittura c’è caso che, nell’arca di Noè, il primo abbia preso della stirpe dei re di Castiglia e l’altro derivi il sangue da Priamo, addirittura. Comunque sia, errori simili di valutazione derivano da mancanza di vera fede cattolica.

Una volta chiarito dunque che gli astri se ne infischiano tanto dei re come dei pezzenti, e dei ricchi uguale come delle canaglie, lascerò che altri straniti veggenti parlino di ricchi e di re e mi occuperò della gente di bassa condizione. E prima di tutto di quelli che subiscono l’influsso di Saturno, come scialacquatori e gelosi, assatanati e bischizzanti, scalzatalpe e acchiappacani, usurai e minarendite, tirapelli e conciachiodi, tegolari e fondicampane, ipotecanti e riattaccatori di tacchi alle ciavatte, gente già sul triste di per sé, che quest’anno non avrà tutto quello che avrebbe voluto. Dovranno perciò ingegnarsi a fare carte false, non getteranno i loro lardelli ai cani e, alla fine, si gratteranno spesso dove non prude mai.

Quelli poi soggetti a Giove, come bacchettoni, pinzocheri, razzolanti e pataccari, pennivendoli e compendianti, scrivoni e capisti, bollatori e timbratori, arzigogolanti e cacadubbi, certosini e romiti, affettati scalzi e gattemorte, acquacheti e santocchi, torticolli e cucullati, imbrattacarte e prelinguanti, sparruccati, cancellieri, cartolari e madonnari, santari, giaculanti e umettatori di pergamene, barattieri, notari nonché reggimoccoli e propagandisti, i quali se la vedranno a seconda dei soldi che hanno. Tra la gente di chiesa inoltre, ne morirà talmente che non si riuscirà a trovare a chi conferire i benefici ecclesiatici, tanto che alla fine parecchi ne avranno due o tre o quattro, e anche di più. La bigotteria alzerà grandi lai col suo antico fervore, lagnandosi del mondo che ormai è diventato un ragazzaccio, non è mica più il babbaleo d’una volta, come dice al riguardo Avenzagel.12

Poi i soggetti a Marte, come dire i boia e i sicari, avventurieri, briganti, sbirri e parascandali, piantoni e paghemorte, cavadenti e trinciacoglie, fìgari, beccai, falsari e clinicaconi, almanaccanti e marrani, spergiuri, fiammiferai, piromani e spazzacamini, lavativi e carbonai, alchimisti e pollaroli, rosticcieri e norcini, merciai di ninnoli e balocchi, più lampanari e fabbri, condurranno a termine quest’anno colpi da non dirsi, seppure tra loro ci sia chi si troverà, come per caso, a ricevere qualche bastonata fra capo e collo. Uno di costoro poi, sarà eletto vescovo di san Palco, dal quale impartirà ai viandanti benedizioni con i piedi13.

Al Sole, come beoni e variaceffi, birrai e tripponi, fienaioli e scaricatori, esattori e falciatori, scassinatori e imballatori, bovari e pecorari, vaccari e porcari, trinciapolli e zappatori, tritaelemosine e mezzadri, stagionanti e sgrassaberretti, imbottiselle e stracciaroli, stridilardi e ciancicadenti, e generalmente tutti quelli che portano la camicia annodata sul dorso, staranno sani e allegri, e non avranno la gotta ai denti il giorno delle nozze.

Coloro che subiscono l’influsso di Venere vale a dire puttane e mignatte, lindeppinti e sodomiti, sbragoni e napolitici14, scancheri e puzzealnaso, grattoni e pappaculi, bettolieri ed inoltre, molto in generale, i nomina mulierum desinentia in –iere, ut guardarobiere e faccendiere, gargottiere lavandiere e barattiere, godranno quest’anno di parecchia reputazione; allorché però il Sole entrerà nel Cancro e in altri segni pure, dovranno fare molta attenzione a ulcerette, scoli strani, bruffolini, vesciche troppo calde eccetera eccetera eccetera. Le novizie poi, non riusciranno proprio a concepire senza l’avvento d’un operaio virile. E poche assai, tra le verginelle, avranno latte alle mammelle.

E coloro che sono sotto Mercurio, come bari e maneggioni, marpioni e mattaccini, truccodadi e scaglionanti, strasciconi e mastri d’arte, decretalisti e scrocconi, cacapepe e cacaversi, cerretani e giocatori di tre carte, e poi ancora scorciatori di latino, fabbricanti di mazzi e di carte, gli enigmisti, i cialtroni e i pirati della malora, vale a dire il fior fiore dei perdigiorno, avranno l’aria di essere più contenti di quello che in effetti saranno, a volte si sganasceranno a vanvera, e in questo avranno talento. Inoltre saranno soggetti a fare bancarotta spesso e volentieri, se si troveranno in tasca più soldi di quelli che non gli mancano.

Ed infine alla Luna, come facchini, cacciatori, bracconieri e addestratori d’astori e falconi, informatori e contrabbandieri, stragionanti, lunatici, scervellati e bisbetici, svaniti e girandoloni, sciamannati e galoppini, servitori e vetrai e assoldati, mozzi e battellieri, cavalcascudieri e scrocconi, quest’anno non si fermeranno quasi mai. E si aggiunga la gran copia di pisciacquasanta e pitocchi che verran sì giù e certamente dalle montagne di Savoia e d’Alvernia, ma il Sagittario minaccia di rifornirli di geloni ai calcagni.

 

Capitolo VI

Sulla condizione di alcuni paesi


Il nobile reame di Francia prospererà quest’anno in ogni sorta di delizie e godimenti, superando le nazioni straniere al punto che queste rifiuteranno ogni competizione. Piccoli svaghi, spassi e tavolate, si faranno a migliaia e ognuno avrà la sua parte di piacere. Mai non si vide tanta abbondanza di vini, né in tal modo prelibati; rape molte in Limosino, castagne molte nel Perigord e Delfinato, olive molte in Linguadoca, sabbia molta sull’Atlantico, pesce molto in mare, stelle molte in cielo e sale molto a Brouage. 15 Dovizia di grano e legumi, frutta e verdura, burro e latticini. Pestilenze zero, guerre zero e zero scocciature, merda alla micragna e alle preoccupazioni, merda alla malinconia. E poi torneranno in circolazione i cari vecchi ducati, talleri e dobloni, turchesi e aquilotti, reali e montoni di gran lana, tutti in fila dietro ai fiorini sotto gli scudi del sole. A mezz’agosto, però, vi sarà da temere un’invasione di pulci nere e i famosi pappataci della Divinière.16 Adeo nihil est ex omni parte beatum. Toccherà imbrogliarli anticipando la cena.

L’Italia, la Romania, Napoli e la Sicilia resteranno esattamente dov’erano l’anno passato. Godranno di sogni ben profondi verso fine quaresima, talvolta avranno le traveggole col sole a picco.

La Germania, la Svizzera e la Sassonia, Strasburgo, Anversa eccetera si può star sicuri che profitteranno, a meno che non si sbaglino. Girino al largo pitocchi e accattoni, dato che ben poche feste e anniversari vi saranno festeggiati.

A Spagna, Castiglia, Portogallo e Aragona accadrà di ritrovarsi esposti a subitanee alterazioni, al punto che sia giovani che vecchi crederanno proprio di sentirsi morire; si terranno pertanto al calduccio, contando e ricontando quello che hanno in tasca, sempre se c’è qualcosa.

Inghilterra, Scozia e le città della Lega Anseatica si comporteranno da pessimi pantagruelisti, difatti per loro andrà bene sia il vino che la birra, a patto che il primo sia genuino e di buona qualità. Tavola, per loro, sarà sinonimo di Tavola Reale o tric-trac17. San Tregnano di Scozia di miracoli ne farà tanti e di più; però, nonostante le candele che gli avranno accese, non ci vedrà punto chiaro se mai l’Ariete, ascendendo, finisce per traboccargli di bocca e il corno, magari, gli pianta scorno.
Moscoviti, Indiani, Persiani e Trogloditi cagheranno sangue, spesso, ma soprattutto per colpa dell’atteso ballo del Sagittario ascendente, quando non gli andrà per niente d’esser bischerati dai Romanisti.

I Boemi in quest’annata, nonché Ebrei ed Egiziani non ci staranno a pensare due volte. È vero che Venere li minaccia di brutto alle ghiandole del gargarozzo, sapranno però come reagire, si prostreranno dinanzi al decreto del re dei Parpaglioni.

E poi Lumache, Sarabaiti, Mazzabubbù e Cannibbali verranno molestati con continuità dai tafani, così avranno poco da gingillarsi con cembali e maschere, a meno che non vi sia richiesta grande di guaiaco18.

E infine abbiamo l’Austria, l’Ungheria e la Turchia sulle quali, compari cari, giuro che non so proprio cosa cavolo gli succederà e, se devo esser sincero, visto il Sole che proprio ora entra in Capricorno, me ne cale meno che niente. Se dovesse verificarsi il caso che voi ne sappiate qualcosa, farete meglio a star zitti e aspettare il passaggio del Tempo, quel vecchio zoppo.

 

Capitolo VII

Sulle quattro stagioni dell’anno e prima di tutte la primavera

 

Per tutta l’annata non vi sarà che una luna, e non sarà nuova neanche un po’. Certo, questo fatto vi darà fastidio, a voi che a Dio non ci credete, voi che perseguitate la santa parola divina almeno quanto coloro che la osservano. Andate a impiccarvi! Tanto un’altra luna non ci sarà, tranne quella che ha creato Dio all’inizio del mondo e che, per effetto della grande e divina parola, fu piazzata nel firmamento a far luce alle vie degli umani durante la notte. Con ciò non voglio mica dire, sant’iddio!, ch’essa non si mostri alla terra e ai terrestri accresciuta o diminuita di splendore, a seconda che si avvicini o allontani dal sole! Ma perché mai avverrebbe questo? Per le stesse ragioni di prima eccetera eccetera. E ancora, piantatela di pregare che Iddio la salvi dai lupi perché, statene pur certi, in tutto quest’anno non ci metteranno bocca. Ah, dimenticavo! Voi vedrete in questa stagione più della metà di fiori in più rispetto alle altre tutte insieme. Inoltre, nessuno potrà dare dello scemo a chi farà provvista di denaro in questo periodo e non di ragni tutto l’anno. Grifoni e guide alpine di Savoia, Delfinato e delle montagne Iperboree, laddove le nevi son sempiterne, verranno privati di questa stagione e non ne avranno del tutto, vista anche l’opinione di Avicenna, il quale afferma essere primavera allorché le nevi cadon giù dai monti. Tocca dargli retta, al portantino. Ai miei tempi era primavera al momento in cui il sole entrava nel primo grado dell’Ariete, ma se adesso si calcola diverso chiederò venia. Mi ci giocola parola.

 

Capitolo VIII

Sull ’estate


Non so quale vento soffierà in estate; sono però sicuro che sarà caldo e regnerà vento di mare. In ogni caso, se dovesse succedere che arrivi da un’altra parte, non sarà ragione sufficiente per rinnegare Iddio. Perché lui è ben più saggio di noi e sa meglio di noi quello che ci serve, ve lo giuro sul mio onore, qualsiasi cosa affermino Alì19 e suoi seguaci. Comunque sia, farà uopo tenersi allegri e bere fresco, nonostante alcuni dicano che non c’è cosa più contraria alla sete. E anch’io sono d’accordo, visto che contraria contraris curantur.

 

Capitolo IX

Sull’autunno


In autunno si vendemmierà, un po’ prima o un po’ dopo per me è l’eguale, basta che avremo vino a sufficienza. Saranno di stagione i culi gonfiati, e qualcuno penserà di strombazzare invece scacaccerellerà. Per mia concessione e dispensa, tutti coloro che han fatto voto di star digiuni finché ci sono stelle in cielo, possono a questo punto accomodarsi a tavola e rifocillarsi. Aggiungo che hanno aspettato fin troppo, visto che stanno là da sedicimila e non so più quanti giorni, e ben piantate, ve lo dico io! Che non si speri d’ora in avanti d’acchiappare allodole ove il ciel cada, perché, ve lo giuro sul mio buononore, non cascherà finché vivrete. Bigotti e pinzocheri e razzolanti, reliquianti e tritacoglierie simili, quatti quatti sortiranno dagli anfratti. Chi vuole ci faccia attenzione. Ma guardatevi pure dalle spine quando mangiate il pesce, e dal veleno vi guardi Iddio!

 

Capitolo X

Sull’inverno


Secondo il ben poco senno che m’è rimasto, non saranno dichiarati saggi coloro che in inverno venderanno pellicce o mantelli per comprarsi la legna. Perfino gli antichi evitavano di farlo, come testimonia Avenzoar20. Dovesse piovere, non fatevi acchiappare dalla malinconia: di buono ci sarà molta meno polvere per strada. Tenetevi al caldo. Paventate i catarri. Trincatevi il migliore in attesa che si riposi il nuovo, e almeno cercate, da adesso in poi, di non cacarvi sotto a letto.

Oh pollastrelle, mie belle pollastrelle, come mai i vostri nidi li fate così in alto?

Un distillato di postfazione

La Pantagrueline Prognostication è del 1532, un periodo di particolare felicità inventiva per Rabelais. Più o meno in contemporanea, nel novembre di quell’anno, veniva alla luce alla Fiera di Lione il Pantagruele che, com’è noto verrà poi preceduto nella versione definitiva dei Cinque Libri dal Gargantua. L’intento più evidente dell’autore è quello di irridere e parodiare gli almanacchi e i libri di profezie allora in voga, nonché l’ansia di investigare il futuro che ne decretava il gran successo popolare e fece la fortuna, qualche anno più tardi, di Nostradamus. Comunque, il libro di prognosticazioni era un genere assai utilizzato all’epoca per operazioni comiche e parodiche di ogni sorta, specie da parte dei tedeschi, che a volte li camuffavano in un latino solenne, a volte fingevano una traduzione dall’etrusco o da altre lingue morte.

Naturalmente però, nel caso di Rabelais il gioco è molto più di una deformazione caricaturale. Nel suo smisurato laboratorio il monaco, il medico, il filosofo e lo scrittore si sono riuniti per creare Alcofribas Nasier, l’astrattore di Quinta Essenza, vale a dire una saggezza caotica, corposa e liricamente entusiasta come quella che il suo tempo si poteva permettere. Il mondo di Pantagruele e Gargantua si arricchisce di un capitolo, che sia scritto per esuberanza o su invito dell’editore François Juste poco importa in questi casi. La temperatura è la stessa del maggior libro, identico il calore della redazione, equivoci e parole carnose, sfilze e allitterazioni, ma qui è come un vignaiolo che dopo una giornata di lavoro spilla un bicchiere di quello buono per sé e gli amici.

Stavolta l’astrattore scende in strada con uno di quei libretti della fortuna verdi, gialli, arancioni o rossi soprattutto, dove i caratteri si scorgono a malapena. Con il tono magniloquente del ciarlatano egli si dimostra tuttavia un veggente, sbagliando poco e dichiarando fin dall’inizio la scarsa fallibilità, la remota possibilità che gli fallisca la previsione. E ’ talmente furbo che non sa niente del futuro e lo dichiara, anzi lo dimostra con gli inciampi, le zeppole, i gerghi di strada, abbassamenti di toni e temperamenti nonché bonari, che ricordano subito, per contrasto, il pallore irrigidito del pedante che viene colto in fallo, dell’erudito a cui manca una parola importante. Difatti lui si riprende subito. Come il povero tende sempre a vestirsi bene, così il ciarlatano si ammanta del vocabolario colto: meglio non dissimulare la cultura, ma esibirla un po’ a caso. Neanche la terminologia astrologica ha da essere troppo strampalata, lo è già di per sé. Poi all’improvviso la suggestione verbale ha bisogno di sottintesi proverbianti e gergali, battute a colpo sicuro, trucchi e contrepèteries. Allora brilla la ragione del buon senso. C’è insomma tutto il repertorio retorico del truffatore che dice il contrario, i truffatori siete voi.

Oltre al consueto abbandono ozioso, l’imbonitore non chiede altro alla piazza che la sua foga naturale. Dice apertamente di rivolgere le sue attenzioni a popolo e popolino delle fiere, una volta chiarito che ‘gli astri se ne infischiano tanto di re come di pezzenti’. L’assalto è certo contro le superstizioni diffuse, ma soprattutto all’astrattismo dei sistemi filosofici e ai meccanismi statici del pensiero. Sono i dotti a usare il potere per stabilire le regole, a creare distinzioni e separazioni, sono loro ad allontanare cielo e terra e rendere impossibile l’accettazione dell’evidenza, vale a dire della verità, vale a dire che non sappiamo proprio niente e quello che crediamo di sapere ce lo immaginiamo. Il cerretano sa che le ragioni della verità evidente sono quelle a cui ci si sforza di non voler credere, che il giudizio può essere sospeso al filo dell’ovvio. Sa pure che nelle avversità e disgrazie c’è sempre qualcosa di buono da cui ricominciare, l’eloquio si attesta estatico di fronte a una tale verità sotto gli occhi di tutti, così semplice che nessuno ce la fa a vederla. Come mai le parole vere sembrano sempre paradossali? Come mai se ti vuoi far credere devi dire il falso? Si tratta di una legge di natura, o almeno da che mondo è mondo? Sembra che nel farsi domande, nell’interrogare la fortuna Mastro Alcofribas si sia fatto piacevolmente disturbare da uno scettico, da un efettico e pirroniano come nel capitolo XXXV e seguenti del Terzo Libro, quando dopo l’insoddisfacente incontro per valutare pro e contro del matrimonio è Pantagruele a convincere Panurgo a prender consiglio da un matto. O da Panurgo stesso, quando ricava una lode scaltra alla grande anima platonica dell’universo dalla patente irregolarità di un mondo privo di debitori e creditori, in un mondo simile nemmeno gli astri seguirebbero il corso naturale.

Altrettanto potente, gocciato con grazia e gusto della dismisura è, come al solito e come Dio vuole, il veleno per la curia e sue infinite diramazioni e consorterie, per l’uso pedestre della religiosità da parte di un clero non solo abituato ai privilegi, ma impaurito e incarognito. Là sulla pubblica piazza l’Alcofribas si permette di cesellare con ironia evangelica il suo disgusto, per il moralismo e spiritualismo d’accatto e per la mortificazione e l’ascetismo. Si abbassa infatti, e da lì con slancio rivendica una comunione tra fede schietta e quella felicità corporale che, se non riconosce alla natura il ruolo di nonna del Diavolo, se trova bellezza nella grassa materia, se si avvede di ciò che ha e lo apprezza, libera a questo modo dall’ossessione della morte che instupidisce e rende schiavi. ‘Imparare a morire è disimparare a servire’, dirà di lì a poco il saggio Montaigne. Fede torna allora a significare fiducia, il motto rimane quello dei Telemiti: ‘Fay ce que vouldras!’, e tutto andrà bene.

È qui insomma il ciarlatano, l’aeruscator, il venditore di almanacchi a tenere una lezione, fallimentare e per questo non inutile, a stupire la piazza con espedienti e torrenti di invenzioni per meglio disperdere la magia, rendendo quanto più impersonali le sue parole. E a finire con un’evocazione o allocuzione, siccome sproloquiante certamente augurio di buonumore, un’ingenuità e pure una certezza: almeno di parole non saremo indigenti. Previsione quanto mai esatta anche in epoche come la nostra, scadenti e nevrasteniche, riportandoci davanti agli occhi la felicità immanente che il semplice fatto di vivere è cosa sontuosa, da difendere ad ogni costo. Qui il pronostico si fa gravemente perpetuo.

A questo primo, dallo stesso editore più volte ristampato, Rabelais fece seguire altri simili almanacchi, dei quali ci restano più che altro frammenti.

In italiano, la Pantagrueline Prognostication ha avuto ben poche versioni, notabile quella di Augusto Frassineti (Carte Segrete, 1980). La mia traduzione ha seguito il testo stabilito da Jacques Boulanger nelle Œuvres complètes  (collezione della Pléiade dell’editore Gallimard).
Nella pagina del titolo, per architriclinio si intende il sovrintendente alle mense. Per numero d’oro si intende il numero d’ordine di ciascun anno nel ciclo lunare di diciannove, dopo il quale le fasi tornano alle stesse date. Serve ad esempio a calcolare i calendari lunari e al computo della Pasqua.

P. M.

  1. Città del Brabante, sede di importante università ma anche fucina all’epoca di pronostici, libretti di sorti, oroscopi, almanacchi e lunari.  
  2. Personaggio sconosciuto.  
  3. Si allude probabilmente ai roghi dell’Inquisizione.  
  4. Nel linguaggio tecnico degli alchimisti il sole rappresenta l’oro e la luna l’argento.  
  5. È il grammatico del V sec. d. C., autore delle Istitutiones Grammaticae in 18 libri.  
  6. Coloro che fra i soldati, molti dei quali provenienti dalla Guascogna, si rendevano colpevoli di stupri e saccheggi venivano puniti col taglio delle orecchie.  
  7. Si tratta naturalmente del re di Frigia che ottenne, da Bacco, di mutare in oro tutto quello che toccava, ma sul punto di morire di fame rinunciò al suo potere. In seguito trovò modo di irritare Apollo, che gli mutò le orecchie in quelle d’asino. Il suo barbiere, obbligato al silenzio sullo strano fatto, non si trattenne dal farne menzione ad una buca che aveva scavato apposta. Quando in quel luogo sorse un canneto, questo prese a ripetere ai quattro venti la buona notizia.  
  8. Astronomo arabo, e naturalmente astrologo del IX secolo.  
  9. Nell’originale ‘pere d’angoscia’. Per analogia di forma, si chiamava così uno strumento di tortura che veniva piazzato in bocca al malcapitato per impedire che urlasse.  
  10. Re franco del V secolo, leggendario discendente di Priamo proprio come i re di Spagna, secondo i baciapile dell’epoca, discendevano direttamente da Adamo. Ciò spiega anche quello che segue.  
  11. Nome di due famosi buffoni di corte, più o meno contemporanei di Rabelais. Il primo divenne poi l’eroe de ‘Il Re si diverte’ di Hugo, la cui versione operistica sarà il Rigoletto di Verdi; il secondo fu anche nome di una maschera.  
  12. Altro astronomo arabo.  
  13. Chiara allusione al diffuso fenomeno, allora, delle impiccagioni.  
  14. Il cosiddetto malfrancese, dopo la calata in Italia di Carlo VIII nel XV secolo, naturalmente in Francia era chiamato maldinapoli.  
  15. Porto e località nello Charente-Maritime, all’epoca importante per il commercio del sale.  
  16. È il nome della tenuta di Rabelais, nel dipartimento dell’Idre-et-Loire, presso Chinon.  
  17. Backgammon  
  18. Pianta tropicale ritenuta rimedio per alcune malattie veneree.  
  19. Matematico e filosofo arabo. Secolo XII.  
  20. Il medico arabo, maestro di Averroè.  

Un commento su “Predizione pantagruelina per l’anno perpetuo

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