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Carpi, “Festa del racconto”, 4 ottobre 2014: incontro con Gianni Celati, Antonio Prete, Ermanno Cavazzoni. Verso le 20:00, sul palco sistemato nei Giardini della Pretura, è il turno di Celati. Per il modo di vestire sciolto e casuale, e per la sciarpa – ma anche per la faccia lunga, oltre che per una certa luce negli occhi – Celati somiglia sempre più a uno scrittore francese del secolo scorso. Seduto su una sedia bianca, rilassato, esegue il suo intervento lucido, rigoroso e profondo – brioso, ritmato e incantato – che naturalmente soltanto “chi ha orecchie” può intendere. Alla fine della serata, un vecchio pittore commenta: «Bisognerebbe inventarsi più spesso messinscene sospese e folli come questa di Celati, per smontare la macchina per intrattenere rimbambiti che sta diventando la letteratura e l’arte in generale». A beneficio dei nostri lettori, trascriviamo qui (a modo nostro) l’intervento di Celati.

Gustavo Paradiso: Qual è il tema o il motivo – se ce ne è uno – che unisce i racconti de La fine dei nostri problemi?    Gianni Agostinelli: Sono racconti, alcuni molto brevi, accomunati dalla volontà di immergersi nel tempo presente della narrazione di un accadimento. Un istante della giornata, un piccolo particolare che [continua]

Gustavo Paradiso: Vogliamo cominciare dal titolo? Perché L’animalista?   Alberto Volpi: Be’, il titolo potrebbe generare qualche equivoco, perché qui con “animalista” non si intende il significato oggi più corrente, cioè quello di amante o difensore degli animali, ma piuttosto chi scolpisce soggetti di quel genere. Si tratta del protagonista del primo racconto, che svolge [continua]

Gustavo Paradiso: Ciò che sorprende in Manuelito se ne va è che all’inizio sembra che scrivi a caso, senza una direzione, senza storia, poi invece vien fuori una costruzione polifonica che fa credere il contrario, ossia che tutto sia pianificato fin dalle prime righe, e tuttavia il lettore continua ad avvertire insieme ordine e caos. [continua]

Un’antica leggenda indiana racconta che una volta i guerrieri di una tribù, rinchiusi dai bianchi in una riserva, dapprima cercarono in ogni modo di aprirsi un varco e di rompere i muri della segregazione; poi, quando videro che tutti i loro sforzi erano vani, litigarono fra di loro e si scannarono a vicenda. Rimasero in [continua]

Un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere; è colui che sa dire, come scrisse una volta mirabilmente Scheiwiller, ‘non l’ho letto e non mi piace’. Il vero, estremo lettore di professione potrebbe essere un tale che non legge quasi nulla, al limite un semianalfabeta che compita a fatica [continua]