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Costui dopo il dominio di Lucio Sulla era stato invaso dalla summa voluntà di conquestare la repubblica; né nutriva un po’ di rimorso sulle modalità con le quali ottenere ciò, purché si procurasse il regno. Giorno dopo giorno sempre più l’animo fiero s’angosciava per la povertà del suo patrimonio e per la consapevolezza dei delitti, l’una e l’altra accresciute grazie a quei metodi precedentemente menzionati. Lo spronavano, poi, i comportamenti di una cittadinanza corrotta, cittadini che due sciagure perniziose e fra loro deverse, lo sfarzo e l’avidità, affliggeva.

Tradurre, per Leopardi, è stare all’ombra dell’altra lingua. Ma abitando la propria lingua, nell’esteso orizzonte della sua tradizione, ma anche in tutte le possibili modulazioni espressive e inventive. Tradurre, per Leopardi, è situarsi tra due lingue, anzi tra le lingue, in un costante e vigilissimo esercizio di comparazione. Un esercizio che avviene, per dir così, [continua]