I mulini a vento del Parco Sempione

A Milano, in pieno centro, chiusa tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace, c’è una città nella città, fatta di alberi, foglie, panchine e laghetti: è il parco Sempione. Ogni città che si rispetti, per quanto strana, ha anche delle strade, e il parco Sempione ha tutte le carte in regola per non sfigurare: per spostarsi da un’area verde all’altra, per esempio, o per andare dalla biblioteca alla Triennale o ancora per raggiungere l’Acquario dall’Arena, ci sono strade fatte di terriccio e ghiaia, solcate da passeggini, biciclette, monopattini e scarpe da runner. Niente macchine, autobus, camion e motorini: qui ci si muove a emissioni zero, con la sola forza delle gambe e dei piedi. Certo, non è tutto rose e fiori (anche se in un parco la cosa sarebbe appropriata), anche qui gli incidenti non mancano, tipo quando due biciclette si scontrano, o un corridore distratto finisce contro una panchina, o ancora quando si calpesta la cacca di qualche cane, però in genere si gironzola in pace al parco Sempione, senza troppi rumori molesti, senza la rigida alternanza dei semafori, senza parcheggiatori abusivi che si offrono di proteggerti la macchina. In un punto c’è addirittura una stazione dei treni, e il relativo trenino, che tutti i bambini di Milano conoscono: un treno che non è mai in ritardo, che passa vicino ai puffi, a Biancaneve, a giraffe e leoni, come in un safari in piena Africa. Questa zona del parco è conosciuta come Parcone Sempione, perché rispetto agli altri parchetti di Milano, il Sempione è una specie di megalopoli grande e trafficata, con alberi alti e imponenti, e nelle parole di un bambino questa cosa in qualche modo deve venir fuori.

Le strade del parco Sempione, e anche questo non sembri strano, hanno dei nomi, proprio come le strade di ogni città. Troviamo viale Congresso Cisalpino, per esempio, oppure viale Malta, o ancora viale Legione Lombarda. Ci si stupisce un po’, però, quando ci si accorge che la maggior parte delle vie di questo parcone ha i nomi di alcuni dei grandi classici della letteratura di ogni tempo che, non si sa perché, non hanno trovato spazio in altre zone della città. Così ecco che uno che si vada a fare un giro al parco Sempione può imboccare senza accorgersene viale Guglielmo Shakespeare, poi girare in viale Enrico Ibsen oppure in viale Miguel de Cervantes, quindi fermarsi un attimo in viale Alessandro Puskin per poi proseguire ancora su viale Friedrich Schiller. Poi, se ha lasciato la macchina parcheggiata fuori, può uscire da viale Giorgio Byron, o ancora da viale Giovanni Milton, o da viale Molière, che danno sulla strada. Forse solo in viale Emilio Zola, ai bordi della ferrovia, è meglio stare attenti, che sembra che la sera succedano cose un po’ così.

Da quando ho scoperto quanto il parco Sempione sia popolato da classici della letteratura di ogni tempo, ogni volta che ci vado faccio finta di essere in una libreria, una di quelle belle, quelle dell’usato, in cui puoi trovare tutti questi mostri sacri buttati un po’ lì alla rinfusa, senza criterio e visibilità, in edizioni tascabili consunte e scarabocchiate, che riportano quei nomi stupidamente e inutilmente italianizzati che fanno sempre un po’ ridere. In un’atmosfera così densamente letteraria è bello fermarsi, come l’altro giorno, su una panchina per girare le pagine del Don Chisciotte, per esempio, e scoprire che contro ogni logica la torre Branca, proprio lì in viale Giovanni Milton, assomiglia a un altissimo mulino a vento: contro il quale, forse, è meglio non combattere.