Presiden arsitek/ 22

In altre parole, va in effetti riconosciuta al “viaggio” nel “futuro” una certa utilità, quando ad esempio esso venga effettuato per scopi politici: l’ambito politico infatti, a meno di non avere un’intera popolazione di psyche® artificiali consenzienti (un software, per così dire, totalitario), non permette correzioni di sorta all’interno del quadro di comando, estremamente rigido.

di in: Presiden arsitek

Lato B: “––e cosa dovrebbe poi succedere? La macchina non fa altro che sfilacciare i fatti, divincolandoli per così dire dalla trama che li dovrebbe sorreggere e che in realtà è da essi stessi costituita. Una vasta sfuocatissima tremebonda fotografia quadridimensionale ovvero trivirgolanoveperiodicodimensionale, non so se mi spiego, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Supercaligrafi… com’era? Com’era? Da bambino quella tizia mi dava gli incubi, discendente in linea diretta delle sorelle di Br– Ma lasciamo stare, lei come ormai un po’ tutti avrà ben sentito parlare di entanglement, no? Come Tingel Tangel, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Da bambino io– eh ma lei è troppo piccolo…. Comunque tanto è uguale, ne parlano tutti ma nessuno ci capisce un tubo, e poi è solo per dire che la macchina fa l’esatto contrario, ecco lei prima sfilaccia le cose, in modo che possano poi reingarbugliarsi ‑‑‑ Lo chiamiamo raveling, come Ravel o se preferisce come l’ingegner Ravel, no ma no ma mi segua un attimo. Il presente per noi non c’è, non c’è nulla di presente in quello che ci accade, e fin qui voglio sperare che ci siamo, questo come dire trucchetto ormai lo conoscono anche i bambini. Ma se il presente non esiste ovvero, che è diverso, non so se mi spiego –– mi spiego o no? cioè se il presente non c’è, allora… Apro una parentesi. Ma lei lo sa che oltre agli anni luce ci sono anche gli anni nervo? Voglio dire, un anno luce o un anno vermo, io li chiamo anni vermo, immagini, un nervo talmente lungo che tra il peduncolo terminale e il connettore d’impulsi centrale, un lungo nervo che attraversa le galassie con tutte le loro chiappette spaziotemporali, e per arrivare dal peduncolo al connettore ti ci vuole un anno, ovvero per essere giusto un filino più divulgativi cosa succederebbe se tu potessi viaggiare a cavallo di un nervo, come diceva–– eh? be’ be’, le dirò: Che io qui sotto, sotto il mio, di cavallo, no io un nervo… ce l’ho… hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!”

(Al progressivo srotolarsi del nastro le parole coagulano in gesticolazioni di burattini sovrapponendosi al visibile come uno schermo diafano e infettante.)

“Il punto è un anno vermo, un millisecondo nervo, che differenza vuoi cioè volete cioè vogliamo che faccia, anche se è un millisecondo è sempre passato, vede, nessuno dei miei aiutanti glielo dirà mai ma il problema non è trovare la minima particella-materia, no, il vero eldorado come dire (miniere di ricchezze tanto più sterminate quanto più filiforme il cunicolo) è la minima particella-tempo, cioè detta un po’ in soldoni per lei che è, come chiunque altro, che è dico profano, perché oggi il trucchetto di noi scienziati è trovare eldorados (nacchere lontane, finti baffoni da pistolero) talmente minuscoli e specifici che li capisce solo lo scienziato che li studia e a volte nemmeno lui, a volte finisce che la scoperta più grande è scoprire che la scoperta era un’allucinazione, capisce? E nessuno però lo ammetterebbe mai, uno si dice No ma dato che tutta la faccenda la capisce solo lui cioè loro cioè io, cosa vuole che le dica, uno si dice Con tutti i soldi che ho fatto spendere e i collaboratori e le strutture e gli studi e le pubblicazioni in coscienza dico sono posti di lavoro, e ora faccio licenziare tutti perché una particella che capisco solo io in effetti è solo un’allucinazione? No mica si fonda sulla conoscenza la nostra repubblica no? sto sbagliando? mi corregga se sbaglio tanto lo so che non sbaglio perché è sul la-vo-ro che si fonda e quindi l’importante non è conoscere, è lavorare, anche se tutto quello per cui lavori e tutto quello che conosci sono delle cag–– no ma mi ascolti si metta anche lei una mano sul cuo–– no ma mi scusi no ha ragione è stata un po’ infelice, la mano non–– no ma–– insomma il punto è, che uno lo capisca o no, che sia vero o no, ma il punto è fino a che punto scusi il bisticcio fino a che punto puoi dividere il tempo? Cioè fin quando puoi dimostrare di averlo diviso? E chi ti dice che l’hai davvero diviso? Lui no di certo, ehi Padre Tempo, ti ho tolto via una briciolina (pinzando un invisibile nonnulla tra indice e pollice) piiiiiccola piiiiiccola di pelo di c–– hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! insomma pelo o non pelo chi te lo dice? Mi capisce? Mi comincia a capire? Te lo dicono…? (gesto tra l’allusivo e l’invitante, da maestro di scuola che ha appena dato l’imbeccata buona; nessuno dice nulla) te lo dicono…? (sospiro) i collaboratori. Te lo dicono i collaboratori. Parlo coi muri? Te lo dicono i collaboratori perché, anche se non ce lo dicono, oltre che sul lavoro tutta la baracca si regge anche e anzi (bisbigliando complice, con tanto di dorso delle dita accanto alla bocca, a incanalare la parola verso un orecchio astuto) si regge so-prat-tut-to sulla collaborazione (furbastra e congiurante rimestata a cinque dita, protrusione morbidante delle labbra a imitazione delle smorfie di Totò), si regge e si fonda sulla collaborazione, ecco adesso lo sapete anche voi. E sui laboratori, chiaro, che poi sono lavoratori sottoposti a betacismo, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Cosa stavo dicendo? Te lo dicono i collaboratori con i macchinari progettati e soprattutto finanziati, sia macchine che collaboratori, è uguale, finanziati da–– insomma per evitare di fare la figura del fesso che per alcuni è peggio che farsi incenerire gli occh–– eh? (tono da documentario pedagogico degli anni ’30) Predisponiamo una bacinella di ferro e tramite dei pesantissimi attizzatoi di piombo riempiamola di tizzoni ardenti; quando la nostra bacinella avrà raggiunto l’incandescenza solleviamola tenendo il manico con una pezza inumidita e avviciniamola agli occhi dell’acc–– (rotazione degli occhi di bambola messicana; tra la costernazione del pubblico gli occhi si mettono a ruotare sempre più veloci, accompagnati da campanellini di vecchi flipper e forse persino dallo scoppio di qualche piccola lampadina colorata; rimpiccioliti dalla velocità gli occhi scivolano fuori dalle orbite, rotolando uno di qua e uno di là per poi sciogliersi in una pappetta biancastra e grumosa. Panico. Le persone sedute nei punti in cui sono cadute le due biglie liquide scattano in piedi ribaltando le sedie e dando vita a due specie di crateri eruttivi, due esplosioni di nane bianche il cui centro sono gli occhi rotolati fuori dalle orbite e le cui generazioni di nuove galassie sono le persone che si allontanano lungo direttive radianti camminandosi una sopra l’altra. Nel frattempo, sul palco, l’Architetto, che si è tenuto per tutto il tempo una mano davanti agli occhi; sorride, come se le dita che tiene davanti agli occhi fossero tracciate di geroglifici in grado di evocare polverosi demoni copti. L’insieme non è privo di un suo icastico fascino, e più tardi tra le foto più famose dell’Architetto ci sarà proprio questa, il volto sorridente nascosto dal naso in su dalla mano messa per traverso – non la mano col mignolo d’avorio, però; un’immagine che sarà per lui un po’ quello che è stata la famosa linguaccia per Einstein). Frazioni di tempo talmente brevi che basta il campo gravitazionale di un neutrino per alterarle. Perché c’è sempre un piccolo vermo cioè un piccolo nervo, per quanto piccolo c’è sempre, tra peduncolo e connettore, per quanto piccoli, c’è c’è c’è (schiocco di dita), ed è sull’elasticità del vermo cioè del nervo che noi cioè io e i miei collaboratori abbiamo scommesso, mi faccia dire, no davvero, mi faccia dire… Alcuni piccoli insetti sono in grado di compiere brevi salti nel tempo, viaggi mai notati prima perché a nessuno, insetti compresi, importa un bel… sì, così, sì, nugoli di moscerini in moto browniano sciamano lungo le tre dimensioni, eccoli sopra le chiappe calde di una vacca fuori, tanto per fare un esempio, è solo un esempio, fuori da una piccola chiesetta di montagna ancora puzzolente di vernice fresca, girano e girano sempre più veloci sopra la nebulosa emanata dalla nana bianca, bianca si fa per dire, delle chiappe (gesto da vasaio a contornare e quasi rimestare le chiappe bovine), girano girano giiirano finché… ZAC, uno di loro scompare e ve lo ritrovate sulla punta del naso… che schifo, direte voi, e intanto quello zitto zitto ha infranto lo spazio-tempo, sì, altro che fantascienza: le stalle, le stalle, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!… poi è vero che ci vogliono ovvero ci vorrebbero centinaia di migliaia di miliardi di miliardi di quei moscerini per poter spostare un dito, ma che dico dito: un’unghia, faccia quindi un po’ lei il conto quante chiappe di vacca… altro che zafferano… per un sacco di tempo le mie ricerche si sono arenate contro questa che sembrava essere una difficoltà del tutto insormontabile… chiappe di zafferano… Cosa volevo dire? Senza contare che dopo i primi risultati concreti, oltre la barriera che collega e questo ormai l’abbiamo si spera capito collega la punta del nostro naso alle chiappe–––– sì, abbiamo visto che i primi viaggi, dico in epoche neanche tanto remote, diciamo anche solo di pochi secoletti, che vuoi che sia, all’inizio ne capivamo tanto poco che era come cercare di fare centro con una freccetta nel culo di un babbuino in fuga con una catapulta, la catapulta per lanciare la freccetta, certo, non per il babbuino, ma poi in fondo perché no, la scienza non deve precludersi nulla, almeno così la penso io, la scienza deve essere una troia insaziabile se vuole sperare di arrivare da qualche parte; con una catapulta… dov’ero rimasto? Catapultare babbuini e freccette, dice? Ah no, ecco, ecco: il più delle volte quei viaggi provocavano la morte del viaggiatore, quasi quello, il viaggiatore, fosse finito su un pianeta alieno, e invece era sempre la Terra. Partenza, arrivo, ZAC, morte. Variazioni impercettibili per lo storico, letalissime papagne per il viaggiatore. Cos’era capitato? È che la composizione dell’aria, del terreno, forse persino della luce, dirette lungo un diciamo diverso clinamen che nei secoli aveva modificato la propria angolazione anche solo di un centesimo di grado, finivano per infettare e uccidere il viaggiatore talvolta disintegrandolo all’istante, se lo immagina? Un banalissimo raggio di luce su un clinamen balordo e ssssbrfriiinfrss, il viaggiatore non è più che una nuvoletta rossa che con lieve tintinnio si materializza di colpo davanti, che so, a un esterrefatto ciambellano quattrocentesco, ma naturalmente niente di tutto questo viene considerato vero o reale, non so se mi spiego. Vallo a dire al ciambellano, dicevamo quando riaprendo la scatola di latta trovavamo giusto un grumo palpitante sfiati sanguinolenti. Se ciambellano ci fu, chiaro.

“In altre parole – non voglio impressionarla troppo, quindi in altre parole: lasci stare i ciambellani inzaccherati di viaggiatori vaporizzati da raggi di luce sghemba e faccia questa semplicissima esperienza: se e oso dire quando ne avrà modo, osservi l’acqua di un torrente come si solleva quando incontra e sommerge degli ostacoli: ad una certa velocità e pressione e portata nonché ad una certa altezza e conformazione e stabilità dell’ostacolo, l’acqua non si limita semplicemente a passare sopra l’ostacolo: solo una parte di essa passa sopra, certo, ma se ci facciamo ovvero se lei ci farà caso, guardi glielo do proprio come compitino, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! la prossima volta che se ne va a fare una scampagnata, ci faccia caso le dico: proprio nel punto più alto raggiunto dall’acqua nel superare l’ostacolo: osservando (improvvisa impennata di voce) solo quel punto vedrà che si forma come una sorta di cresta mediana: lungo la quale cresta da una parte l’acqua prosegue, e dall’altra per breve tempo torna indietro. Goccioline, eh? Si parla di goccioline: ma vanno indietro, già, …ai fonti risalgono le sacre correnti… Lo sa che‑‑‑‑ ma non importa. In linea teorica, con gli ostacoli e quindi di conseguenza con le creste d’acqua dislocate nei punti giusti lungo un percorso acquatico dato, uno potrebbe far risalire la corrente a uno stecco che, sistemato anche lui nel suo bravo punto giusto, balzando di cresta in cresta come un salmone marionetta –––– è ben questo quello che fanno i salmoni, cosa credeva, loro sentono le creste e ci si infilano al punto giusto con retrogradante libidine, lo vede come agitano i fianchi quando– ovvero captano con chiaroveggenza quasi come dire radiofonica e mica dico radio a caso, la radio la tenga là che vedrà che ci torniamo, captano, i salmoni captano con irrefrenabile orgasmo radiofonico la sequenza di punti in cui l’acqua nel superare un ostacolo spinge parzialmente indietro, in modo che per loro diventa sufficiente aggiungere un piccolo (leggero sputacchio sulla p di piccolo; la goccia di saliva dell’Architetto resta un poco sulle lenti degli occhiali dell’ascoltatore, vicinissima agli occhi ma altrettanto intollerabilmente irreale che se fosse la saliva di Mickey Mouse) un piccolo colpo di coda per risalire, cosa mi significa tutto ciò lei chiederà, ebbene significa che dato che tout se tient cioè tutto torna, no, com’era? è uguale, se tutto torna, se l’acqua torna e tornano i salmoni, allora torna anche tutto il resto, per forza o per amore: ogni cosa che scorre in avanti ha quasi di necessità una parte non importa quanto piccola che scorre all’indietro ovvero più precisamente anzi cioè tecnicamente esistono delle zone di risalita del fluido di quelli che noi chiamiamo “eventi” che, se accuratamente organizzate, possono diventare una linea che dalla foce del fiume risale fino alla sorgente, noi dell’industria chiamiamo questa linea retrograda salmon-path, termine che come tutti i termini purosangue si spiega da solo, e oggi la discussione più in nell’ambiente dei laboratori segreti e/o clandestini e degli scienziati per così dire pazzi –––– sì la so già, “il per così dire è per gli scienziati o per i pazzi?” ma è sempre bella, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! ––––– è se sia possibile postulare l’esistenza di un salmon-path dato un qualsiasi tragitto di qualsiasi fluido, ma qui e ora il punto è: Che esaminati da un punto di vista cosiddetto quadridimensionale ovvero come dicevo prima trevirgolanoveperiodicodimensionale, cioè tenendo conto della variabile tempo e spalmandola come una marmellata vetrosa e incandescente lungo fette appositamente selezionate di spazio non-neutro, vedo dallo sguardo che mi sta capendo, si vedrà che anche noialtri stringi stringi siamo un po’ come un torrente, non crede? se ci si osserva con l’angolazione giusta sì, sembriamo tutti dei disgustosi torrenti di carne, immobili –– forse serpenti è il paragone più giusto, se lei per esempio mettesse uno dietro l’altro ogni istante della sua vita e se li immaginasse affiancati tutti insieme uno dietro l’altro contemporaneamente, ebbene il tempo si dipanderebbe per così dire anche nello spazio, giusto? e così gli infiniti lei prima di lei, il lei di un secondo fa, subito appiccicato al lei di adesso che già si appiccica a quelllo dopo perché ora che gliel’ho spiegato e che lei l’ha capito sono passati, vediamo –––– cioè: la forma del suo corpo sarebbe quella di una specie di lungo verme di carne e vestiti che parte lassù, cioè laggiù insomma tra le gambe di sua madre, con tutto il rispetto possibile tenuto conto delle variabili del caso, è chiaro, siamo scienziati mica animali, ma dov’ero? Ah sì, tra le gambe di diciamo sua madre parte questo verme che poi sarebbe lei, e intendo lei (ditata sullo sterno), non certo sua madre o quello che ha tra le gambe, un verme che si dipana lungo un attorcigliamento tremante di ossa muscoli e nervi e perché no unghie e capelli e tessuto indifferenziato, per arrivare fino a questo momento, se lo vede il verme, lo vede? Quello è lei. Un verme/fiume con il suo o perché no ed è anzi qui che volevo arrivare i suoi bravi salmon-path che risalgono su su su sempre con tutto il rispetto di questo e dell’altro mondo fin tra le– non si offenderà vero se le parlo così di sua madre, in laboratorio non facciamo mica tanti complimenti sa? Tanto per capirci, sull’entrata del dormitorio dell’Istituto Sacerdotale in cui ho ricevuto la mia diciamo educazione secondaria era stato inciso At ipse respondens dicenti sibi ait quae est mater mea et qui sunt fratres mei, ovvero si quis venit ad me et non odit patrem suum et matrem et uxorem et filios et fratres et sorores adhuc autem et animam suam non potest esse meus discipulus ovvero tradotto anche le gambe della Madonna dovevano pur avere come dire un trait d’un— ma sto divagando. Ecco, il macchinario o se preferisce la macchina funziona un po’ come un ostacolo per il torrente, come le dicevo prima, una zona in cui far mulinare il verme che lei è, in modo che esso verme si riarrotoli su sé stesso, (brusio) cioè: (il brusio aumenta) cioè: (stereotipo movimento placa-brusii, che inaspettatamente funziona) cioè: quella è l’illusione che lei vive, ma di fatto al verme non succede niente, si capisce, proprio come a un fiume che passa sopra un sasso, non è che se metti un sasso nel fiume ecco che il fiume torna indietro, no, ovvio:… ma il frammento di salmon-path sì! Ci siamo? Ecco, e la macchina non fa che spingerla su quel frammento, e su quello più indietro e su quello più indietro ancora, come un salmone marionetta, e costringere il suo cuore a dare la pinnata giusta proprio come un pesciolino (solletichino alla pancia con le dita della mano destra; si ricompone), se non mi crede provi a tagliare in due un’anguilla e vedrà come la coda continua a muoversi: ecco quello è il suo cuore durante il viaggio, una coda o una testa di anguilla mozza, e l’ippocampo uno spettro di cavallo marino che dondola nella materia grigia, ma questo glielo spiegherò meglio un’altra volta, mia madre diceva sempre meglio poco e bene che tanto a cazzo di cane. Sì, sì, ovvio, l’anguilla dev’essere viva. Non sono sempre sicuro che mi stia ascoltando, glielo devo dire, ogni tanto–– Anche in lei (e parlo sempre di lei, non certo di mia madre–– forse era meglio se fin dall’inizio le davo del tu–– no, non a mia madre) cioè nel lei trivirgolanoveperiodicodimensionale si formerà una cresta il cui vertice è il suo apparato circolatorio, e questa è una coincidenza, non creda, ma è certamente una coincidenza scientificamente molto elegante che proprio la parte più fluida e più paragonabile a un fiume del nostro corpo… O forse piuttosto l’insieme di vene e arterie è paragonabile a un delta, ma nemmeno, dato che l’apparato circolatorio è un delta che non sbocca da nessuna parte, è un delta che si ripiega su sé stesso, un idra che si morde–––– (comincia a capire, vero? Cominciamo a vedere un barlume… Sì: sì… Un delta che si ripiega su sé stesso, come se sfociasse in uno specchio… lo ripeta, lo ripeta: con me: uno, due… Un delta…) è più come una sorta di diciamo palude sotterranea, ma non so se è un buon esempio, neanche lo so se esistono le paludi sotterranee, mica sono un geologo… Comunque sia, palude o non palude il suo apparato circolatorio diventa la cresta ovvero la quanto mai instabile zona in cui lei inizia a ovvero in cui positiva- epperò brevissima- mente lei ha la possibilità di andare da una parte e/o dall’altra, e qui entra in gioco il macchinario, cioè questo andare sia in avanti che indietro ci succede sempre, ad ogni ostacolo, è probabilmente questo a darci l’illusione di prendere delle decisioni, ma naturalmente non c’è, non c’è mai stata e mai ci sarà alcuna decisione, qui non esiste che il lavoro o la collaborazione; no, è solo che in quel momento ci troviamo in cima alla cresta e una parte di noi va in avanti e un’altra, almeno per un pochino, indietro. Almeno per un pochino, lo sottolineo perché questo pochino è importante anzi fon-da-men-ta-le. Ehi. (Scazzillo in fronte). Non dorma. Non ho memoria né notizia di persone che abbiano, per un incredibile caso, imboccato motu proprio il proprio scusi il bisticcio salmon-path interiore. Per questo esiste il macchinario: il macchinario coagula un ostacolo artificiale il cui controllo, almeno in parte, è in mano all’utilizzatore, cioè è come se un fiume potesse regolare l’altezza dei sassi o delle cascate per cui deve passare, in modo da rendere ancora più vistosi e perché no pittoreschi i propri gorghi e mulinelli. Mi segue, vero? Perché da qui in poi è tutta discesa ovvero, come avrà astutamente intuito, salita. Vene e arterie, su e giù, avanti e indietro, vede come tutto torna e tutto va? Tout se tient, tout s’écroule… Tingel Tangel e Ravel… Il centro di tutta la faccenda ovvero del sistema circolatorio in cui si produce il nostro salmon-path è il cuore, ecco perché il tubo con la membrana si trova proprio lì, tutto sta nel regolare le frequenze del cuore con la manopola, quella che… un po’ come se si trattasse di sintonizzarsi su una radiolina‑‑ no ma non appena proverà le sarà tutto chiaro, non faccia quella faccia, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! non faccia quella faccia su, lo so benissimo che lei ormai ha già provato e che ormai il suo cuore è rimasto come impigliato dentro uno spigolo di chissà quale macchinario cioè chissà quandale macchinario, capisce che serve tutta una nuova lingua? Quando gli aggettivi determinativi non bastano più è il momento in cui anche i ratti si raccomandano a Dio, no sul serio, bisognerebbe mettere su un altro laboratorio solo per tutte queste nuove buffe parole, e a dirle la verità— fa lo stesso, il punto è che lo so, lo so: lo so, lo so e ancora lo so: lei mentre mi ascolta ha già fatto quello che mentre io le parlo non ha ancora fatto, e questo perché… È pronto? Abracadabra! Questo è perché questo nastro l’ho registrato prima ancora di incontrarla sul treno diretto verso Venezia, ricorda? ovvero: lo ricorderà? Hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Abracada‑‑‑ (inudibile).

“Ma torniamo a noi. Il macchinario permette di percepire cosciente- e quel che più conta istantanea- mente il posizionamento (che è tutta un’altra cosa dalla posizione) del cuore sulla cresta cioè, per usare un’immagine intuitiva e insieme non troppo lontana dalla realtà, il punto dove il cuore costantemente si divide, una parte scorrendo in avanti, l’altra momentaneamente (non mi stancherò mai di sottolinearlo, sottolineiamolo sempre, ok? promesso? momentaneamente) indietro. Il punto è che a rigore la parte di cuore che scorre indietro è, almeno questo lo avrà capito, sempre minore di quella che scorre in avanti, altrimenti vede bene che al primo ostacolo il fiume e cioè il verme si fermerebbe e comincerebbe a salire e salire e salire senza mai più avanzare, ed è qui che entra in gioco la manopola, cioè manovrandola con esattezza uno riesce a fare in modo di dare una scossa tale da rendere significativamente maggiore la prima spinta del fluido in modo da fare sì che la maggior parte di esso fluido che poi è come dire il viaggiatore stesso vada all’indietro invece che avanti, poi il resto naturalmente dipende da ognuno, dai suoi personali frammenti di salmon-path o addirittura perché no dalla presenza di un autentico rarissimo ininterrotto salmon-path per arrivare su su su fin tra le g– hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi, insomma ecco, anche se non vedo bene il senso di un’operazione del genere ma come si dice non precludiamoci nulla, e poi chi sono io per giudicare.

“Esiste infine la possibilità, posto che siamo tutti o quasi tutti maggiorenni e vaccinati e in grado di ragionare in termini un po’ più ampi cioè diciamo meno egoistici o egocentrici, non ho mai capito bene la differenza, cioè se viene prima l’egoismo o l’egocentrismo, insomma se noi continuiamo il nostro percorso su per le colonne d’Ercole rappresentate dalle gambe della mammina viene fuori che il vermone che noi siamo, sempre quadridi–– cioè sì trevirgolanoveperiodicodimensionalmente beninteso, quello, il vermone, in nostra madre continua per quanto l’idea possa apparire turbativa a stomaci non abituati ai paradossi della scienza continua a bi-forcarsi su su per traverso a nostra madre e ça va sans dire nostro padre, e così via e così via in una piramide di biforcazioni, sempre più rami, sempre più rami, su su su, sempre più rami, no guardi è facilissimo, uno ha due genitori ma quattro nonni e otto bisnonni e sedici trisnonni etc., sempre di più, sempre di più… Comincia a vedere cosa mi combina qui il dott. ing. cav. Ravel? Lo vede, vero? E poi però sali che ti sali, trentadue quadrisnonni, sessantaquattro quisnonni, tutto un ospizio di vecchiacci… ma a un certo punto ZAC: com’è come non è, piaccia o no ci deve essere un solo progenitore, un’unica primordiale mamma di tra le cui gambe parte tutto, e va bene diciamo cioè che come ipotesi di lavoro per ora va anche bene ma in che modo parte tutto da lì? Miliardi di miliardi di fratelli gemelli, forse? O chissà, se uno ci pensa bene questo vuol dire che è tutto l’opposto di quello che crediamo, e che l’origine non è una ma molte, miliardi di miliardi di primordiali madri di tra le cui gambe––– deve per forza essere così, lei che dice, ma almeno mi sta seguendo? Io speravo non so che almeno le piacesse la patat‑‑‑ No guardi che lo dico per lei, guardi che tra un po’ tocca a lei, dovrà ficcarsi nella macchina e lì addio teoria, eh? capito? Si fa sul serio. Lo ha capito, lo vedo. Ma non abbia paura, non si ritroverà in mezzo alle gambe di sua madre, era grosso modo una parabola per destare la sua curiosità, comunque che io sappia non è mai successo niente del genere anche se è vero che c’è una prima volta per tutto, o quasi, e lo so quel che le è già diciamo capitato, dico diciamo perché un po’ se l’è cercata, no ma no ma non le ho mica detto io di tornare qui cioè lì e ficcarsi di nuovo in macchinari che non aveva mai visto prima, chi è causa del suo mal pianga se stesso e per un punto Martin perse la––––, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Non ti fidar di me se il cuor ti manca, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Il cuor ti––––! Ma torniamo a noi. Che ridere. Proverò a farle una serie di esempi pratici, esempi dalla vita di tutti i giorni, in modo da familiarizzarla un po’ meglio con la sua nuova sfilacciata condizione. Prima impara e meglio è. Prendiamo ad esempio Psyche®; un software che tutti siamo per legge tenuti a conoscere, e che pertanto impariamo fin da piccoli ad amare. Ebbene, come pressoché ogni software anche Psyche®, piaccia o no, ha un suo salmon-path ovvero è parziale- e invitabile- mente soggetto a balenanti quanto imprevedibili fenomeni di raveling. Non se l’aspettava, vero?

“È cioè più che probabile che il software di Psyche® abbia non una ma molte origini, così come non uno ma molti creatori, creatori che spesso e volentieri non sanno ovvero non sapevano né sapranno, ormai avrà capito che i tempi verbali qui stanno come i cavoli a colazione, non san(-peva-/-pran-)no nulla l’/gli/le uno/a/i/e dell’/le/gli altro/a/i/e, non uno ma molti padroni, non uno ma molti costruttori, e così via, una Babele inevitabile, almeno se si vuole davvero costruire la famosa torre, è questo il vero significato della storiella, la confusione delle lingue ci è stata data per metterci davvero in grado di costruire la vera torre, cioè quella ancora da venire e perciò stesso lei ormai non dico nemmeno mi capisce, lei mi insegna nevvero parliamo ormai dela torre venuta, conclusa e inaugurata con tanto di taglio di nastro, e in ogni caso non quella cazzata di mattoni del Genesi, per quella erano buone anche le formiche. Apro una parentesi. Oggigiorno le industrie non hanno mai una direzione ma inselvatichiscono e diramano in stemmi incestuosi ed eterocliti, è il cosiddetto rambling, consustanziale al raveling. A plant that rambles grows in all directions ovvero la strategia davvero vincente non è quella del predatore ma la strategia del vegetale, in fondo la catena alimentare è un circolo no? Quindi che importanza ha dove ci si trova, purché sia uno degli estremi? Un po’ come buscar l’oriente attraverso l’occidente. Altro che squali di Wall Street: gli squali sono concime per i vegetali. L’ultimo predatore è perciò la muffa, il terriccio, il seme messo in gola al cadavere di Adamo. Mi segue o no? A volte mi sembra quasi di parlare da solo. Restiamo sull’esempio di Psyche®, vuole? e cerchiamo almeno per una volta di non complicarci troppo la vita. Bene. Uno dei primi semi di quel software può essere anzi è stato individuato nei dispositivi di pilota automatico, dai quali sono derivati i primi funzionari automatici per mansioni ripetitive assai apprezzati dai manager di tutto il mondo. Ora, il punto cioè uno dei punti è tutto qui. Qualsiasi operazione, a ben vedere, è ripetitiva: è sufficiente trovare la fine del ciclo, perfino l’universo mondo dài e dài è ripetitivo e quindi…? Quindi…? (Sospira, vinto dalla zucconaggine del suo interlocutore) Quindi industrializzabile: riducibile a catena di montaggio perché no perché la catena è quando finalmente tutto si tocca ovvero tutto quello che siamo riusciti a capire, tutto quello che ci serve più una briciola di quello che non ci serve e che poi finirà per fregarci ma adesso non c’entra, il punto è che a quel punto scusi il bisticcio a quel punto tutto entra in una circonferenza e in quell’istante tutto diventa indifferente, ed è lì che zitto zitto si infila il pilota automatico; ci siamo fin qui cioè fin lì? Ora: ora: questi primi piloti automatici hanno dato luogo, oltre a lievi forme neurotumorali (non paragonabili e questo sia ben chiaro onde sfatare all’origine certe come chiamarle? certe narrazioni, non paragonabile dico alla sua cioè se posso darle del tu alla tua disfunzione dell’ippocampo–––– no guardi meglio se continuiamo a darci del lei, vuole?), a fenomeni di telepatia spontanea col software nella sua versione Charlie (NOTA: Va dato atto all’Architetto che sono stati registrati ricordi di operazioni eseguite dal software Psyche® in assenza dell’utente e, cosa ancora più entusiasmante, operazioni eseguite dal software su inequivocabile e tuttavia inespressa influenza del cliente ovvero, che poi a questi livelli di programmazione è lo stesso ed è ormai risaputo, ma la legge sull’umanitarietà impone comunque di ripeterlo e ribadirlo, della vittima; fenomeni simili erano stati osservati in una forma embrionale su soggetti che esposti a certi giochi di carte al computer sviluppavano gravi disturbi comportamentali e ricordi artificiali che se osservati correttamente si rivelavano non ricordi ma pattern di preparazione della sequenza di carte, ad esempio di un semplice solitario; la messe di dati in questo caso era estesissima (quindi venne semplicemente accantonata per l’impossibilità materiale di processarla), pari a multipli dell’intera popolazione mondiale: e si capisce, quando si pensi che sono decenni che quei giochi sono in rete e i giocatori sono ormai come si dice legione––– come ci si deve sentire ad accorgersi di non essere il posseduto ma di essere uno dei mille demoni che possiede, e il cui destino sarà quello di precipitare nella carne del maiale più vicino?); un altro filone/sorgente è senz’altro quello degli organi artificiali, grazie ai quali si è progressivamente trasformato l’essere umano in un hardware invulnerabile ai virus di origine organica. Non è né è mai stata la carne a determinare lo spirito, ma la struttura impressa alla materia, questo è il vero catechismo; contrariamente a quanto si crede cioè si credeva, i materiali non organici permettono anzi una definizione psichica di più alta qualità, così come le immagini digitali tendono a superare in perfezione quelle reali, ma solo, beninteso e qui casca l’asino, solo in funzione dell’occhio per cui sono concepite, e questo è quanto accade con Psyche®, che è stata concepita per la meraviglia di altre anime, non per la meraviglia diciamo per se, posto che alcunché del genere esista. È forse questo un limite? Perché quando parlo con lei ho sempre la sensazione di non riuscire a spiegarmi? Quando al mondo non ci saranno altro che psyche®, e neanche un solo corpo, allora non si potrà dire che ogni psyche® è tale per la propria stessa meraviglia? Così come solo quando tutta l’umanità sarà dotata di occhi artificiali, sarà allora che potrà realmente ammirare le immagini digitali. Quando lo sterminio dell’uomo sarà compiuto, poiché lo sterminio è la vocazione e la determinante, la causa prima dell’insorgere di homo sapiens, il fondamento della civiltà di homo sapiens emerso dalle acque, la scimmia/maiale nata per sterminare i propri nemici, tutti i viventi e infine se stesso. Questa è la vera torre di Babele, così si sbuca fra le nuvole e si fa ciao ciao a Dio. Lo sterminio ultimo di homo sapiens non può che avvenire all’interno di homo sapiens stesso. Sterminio di, genitivo soggettivo e oggettivo: gira che ti rigira si finisce sempre lì, nei genit––– Talmente che si può pensare o almeno lo penso io, che quella della carne sia stata solo una tappa di un cammino più vasto, siamo dovuti passare attraverso l’oceano innavigabile della carne, lungo il delta dei vermi di carne perché dal fango della carne stessa si generassero esseri più perfetti, più immuni, immortali e non vivi anche se dotati di spirito, è questo il problema centrale, il vero significato della vita, giungere a determinare l’esistenza dello spirito al di là di se stessa, trovare infine che spirito e vita, coscienza e vita non coincidono: questa è l’unica possibilità che ci resta per poter sopravvivere. Cessare di far passare tutto attraverso la clessidra della nostra carne.”

(MILOŠ: In greco la parola clessidra significa “furto d’acqua”, ma quello che succede nel viaggio è che l’acqua aumenta invece di scorrere via e finisce per trasformare ogni cosa in melma, metti abbastanza acqua e––– eccomi di nuovo come una specie di prototipo dell’architetto, avrò cioè avrà cioè avremmo mica sul serio l’ippocampo a puttane? o è solo che a furia di sentirlo parlare sono diventato più simile a lui, credo sia normale, è come prendere l’accento del paese in cui si vive, e così esistono persone che lasciano nella nostra anima cicatrici altrettanto profonde che quelle che lascia una città o una lingua, il linguaggio stesso in fondo non è che una profonda e lunghissima cicatrice ma ecco, ecco, ecco: sto divagando, sto divagando…)

Psyche® garantisce all’utente immunità assoluta e gratuita a tutta una serie di disturbi psichici che oggi possono considerarsi totalmente debellati, ti saluto malinconia, ti saluto compulsione, ciao ciao, per non parlare naturalmente dei vantaggi inattesi per la carne dell’utente, una specie di effetto collaterale benefico sul corpo cui l’utente attinge attraverso l’artificialità–– quando siamo (cioè eravamo) depressi anche la nostra forma fisica ne risente: è l’esempio più lampante di diciamo telecinesi, in fondo il telecinetico altri non è che chi accetta che la nostra carne non è il solo recinto… ma sto divagando. Sto divagando? Ormai divaga che ti divaga non lo so nemmeno più… È una bella sensazione, no? Forse no? Quando la divagazione diventa una dilagazione, come dire… Allora le pareti della clessidra vanno in frantumi e l’acqua viene restituita: com’è che so già cosa lei sta pensando? Me lo sa spiegare? Hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Glielo dico qui, per dispetto: non doveva fare tutti quei– Il suo cuore: un lato va in avanti e un piccolissimo altro lato va indietro: come un minuscolo e mai visto da nessuno ventricolo; mai visto, ma c’è. Ora ecco qua: immagini quel piccolo ventricolo, inadatto a gestire i grandi flussi di sangue che di continuo le attraversano il cuore: lo vede? piccolo indifeso ventricolo, ed ecco che la macchina di colpo lo investe di un flusso inatteso di sangue, facendolo di colpo gonfiare come un palloncino d’acqua attaccato al rubinetto: ecco quello che lei ha combinato al suo cuore, ci pensi la prossima volta che le fanno un gavettone, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!

Ma torniamo a–– Esiste un’altra possibilità. C’è forse il caso che lei sia vittima di uno scherzo di un programmatore un po’ sadico, o di un malfunzionamento della sua psyche®. Esiste la possibilità, in altre parole, che lei non abbia ormai da tempo alcun cuore. Che roba, eh? Mi spiego. Il benessere solo apparentemente artificiale prodotto da Psyche® ricade anche sul corpo in carne ed ossa dell’utente, qualora esso corpo sia presente. Ora, tornando appunto come che si voglia a noi, chiunque noi siamo, Psyche® offre la possibilità, beninteso in gruppi sociali ristretti e consenzienti, di “viaggiare” indietro e avanti e su e giù per il tempo, purché si metta la carne tra parentesi, il che spiegherebbe perfettamente la sua confusione. (NOTA: Ovviamente, qui si sta parlando di “viaggi” da un punto di vista meramente sociale, per così dire, cioè irreale, ovvero ristretto. Parliamo cioè di modificare (e comunque per che altro poi uno viaggerebbe nel tempo?) solo e soltanto il proprio destino sociale ovvero un ristretto destino, ristretto cioè alla propria cerchia di conoscenti utenti consenzienti, il “viaggio” consistendo in una riscrittura delle memorie delle psyche® del gruppo di utenti, che cancella e/o modifica un avvenimento riguardante il gruppo in questione; allo stesso modo è possibile, ma ad una precisione di livello inferiore, anche il “viaggio” nel futuro; per quanto possibile grazie a logaritmi psichici circolari attraverso i quali si può determinare la posizione psicosociale di un certo gruppo in un qualsiasi punto della circonferenza psichica e prevederne così lo sviluppo, il “viaggio” nel futuro è, come si può facilmente immaginare, inutile, trattandosi appunto dell’analisi di una circonferenza psichica, ovvero di ricorsi comportamentali, coazioni se preferisce, che abbracciano i singoli e il gruppo selezionato; l’introduzione del e nel software Psyche® degli utenti coinvolti non fa che rendere i tracciati circolari più eleganti e di conseguenza meno incerti nello sviluppo, permettendo quindi previsioni a definizione più avanzata e precisa, nell’ordine della decina di minuti, laddove la presenza nel gruppo anche di un solo utente non completamente connesso con il software ma semplicemente in via di mappatura psichica riduce la definizione alla decina di giorni, con un margine di incertezza pericolosamente ampio. Nel primo caso, quello di un gruppo ristretto di utenti del tutto mappati, si può allora con buona approssimazione parlare di “viaggio” nel “futuro”, non di una generica “proiezione del fato” come nelle prime versioni del software. In altre parole, va in effetti riconosciuta al “viaggio” nel “futuro” una certa utilità, quando ad esempio esso venga effettuato per scopi politici: l’ambito politico infatti, a meno di non avere un’intera popolazione di psyche® artificiali consenzienti (un software, per così dire, totalitario), non permette correzioni di sorta all’interno del quadro di comando, estremamente rigido; tuttavia questa stessa rigidità permette al quadro utili ricognizioni nel “futuro” che possono metterlo al riparo (il quadro) da inutili dispendi di energie per questa o quella azione o da intempestive (laddove non necessarie) deviazioni dall’ordine stabilito (per contro, un software “totalitario”, una Psyche® ad accesso unico e cui fosse connessa l’intera popolazione mondiale permetterebbe la correzione ovvero la cancellazione integrale dalla storia umana di crimini storici, cataclismi, scoperte scientifiche, opere d’arte e quant’altro e, presumendo o anche non presumendo che dietro il software totalitario qualcuno manovri non visto, la loro perpetua ripetizione, cancellare Mozart, ripetere Mozart, cancellare, ripetere, cancellare, e così via in un seguito di apparenti rivoluzioni, apparenti apparizioni del genio di cui nessuno sarebbe consapevole, è un po’ la vecchia idea dell’ekpirosis con in più quel tanto di deludente che hanno tutti i miti quando vengono portati a realtà)

“Quello che insomma cerco qui di lasciare intendere è che il viaggio, che del resto non ho mai descritto in modo nemmeno remotamente completo, che il viaggio non sia in fin dei conti nient’altro che un modo abbreviato per descrivere una complicata costruzione softwarica, si può dire softwarica? per la quale una serie di psyche® si sono ritrovate ad essere il reale nucleo della società, vivendo situazioni che di fatto si collocano (ovvero dato che ormai non fa più differenza per nessuno eccettuati quei beduini che ancora si rifiutano di–– ma meglio che sto zitto, ovvero insomma che si collocherebbero) nel passato ma che lei percepisce invece come presenti. (NOTA: Una rete particolarmente complessa e ben coordinata di psyche® potrebbe generare, da un punto di vista softwarico beninteso, per quanto naturalmente si stia parlando di un software di definizione talmente precisa da poter aspirare al rango di realtà se non di più, tale rete potrebbe generare, sotto il costante controllo di una équipe altrettanto complessa e coordinata di storici, statistici, antropologi, sociologi, filologi e chi più ne ha, potrebbe generare una sorta di cloud, di nube o di caligine dalla quale e nella quale ogni singola vagula psyche® uscirebbe con la certezza ovvero, non fa differenza ma è bene ovvero siamo legalmente tenuti a precisarlo, ovvero l’ineradicabile illusione di vivere in un’epoca differente dalla propria, ovvero di avere la certezza di consistere in un corpo trasportato in un passato che, pronube l’influsso degli studiosi interpellati e coinvolti, risulterebbe alla psyche® perfettamente noto e pertanto modificabile ovvero –– “modificabile”.)

“Cioè saltando subito al punto senza passare dal Via! e seguendo in maniera apparentemente intempestiva le idee di Maxwell Maltz, seguendole e ovviamente stravolgendole, potrebbe essere possibile il controllo della società attraverso la chirurgia plastica, ovvero attraverso degli avatar? La fisiognomica intendo, non ha forse un fondamento di tipo mentale, non nel senso che chi ha una certa faccia ha un certo carattere, ma chi si sente di avere una certa faccia lo ha, quel carattere, proprio nel senso del possesso: ma certe facce non fanno sentire al loro possessore certe cose più di certe altre (cioè di certe altre cose e anche di certe altre facce, è uguale, ovvio)? Ed è o meglio sarebbe esattamente qui che il software Psyche®— ma lasciamo stare.

“Il viaggio dunque o perlomeno il viaggio inteso al di fuori di uno scenario alta- e squisita- mente controllato quale al contrario è quello offerto del software Psyche® e che ho qui abbozzato, insomma il viaggio nei macchinari di latta provoca cioè provocherebbe perché nessuno qui dice che sia reale provocherebbe incontrollate alterazioni nel destino, una sorta di tumore nella storia, quasi il viaggiatore fosse una cellula impazzita e potenzialmente (sottolineo potenzialmente) letale per l’organismo di cui pure è parte. L’utilizzo continuo delle macchine produce una stratificazione di secondi come una pasta sfoglia ripiegata su se stessa centinaia di volte, così: (disegna rapida- e come dire rapita- mente un insieme di linee sovrapposte che ricorda un po’ una sezione pasticcio di lasagne) cosicché ora gli eventi sono scivolati irrimediabilmente ad un altro livello, ecco per esempio se lei tiene con sé un quotidiano potrà vederne mutare che so la rubrica postale, le consiglio di controllare la rubrica postale perché normalmente sono i fatterelli quelli che si modificano, come se anche nella storia esistesse in fin dei conti una carne molle e a sostenerla un’autentica quasi infrangibile ossatura, in barba a– ma sto divagando. Poniamo, tanto per tornare a noi cioè a voi, che da qualche parte ci sia una cellula terroristica nazionale dormiente, che so, diciamo i figli di persone trattate per tutta la vita come schiavi, beninteso implicitamente, comunque sia schiavi; ora queste persone dormienti come bambini durante il pisolino, questi figli di schiavi impliciti decidono, tanto per fare un esempio, questo è solo un esempio, mi segue? decidono di praticare un radicalissimo lavaggio del cervello alla propria prole per avere un’intera stirpe di kamikaze, e per farlo li convincono della possibilità del viaggio nel tempo. Ora, poniamo, sempre per fare un esempio, che un gruppo di questi pargoli ormai cresciuti e diventati che so dei giornalisti, questo gruppo, in un giorno stabilito, si faccia saltare per aria vicino ai maggiori leader dello stato durante un’intervista, ha mai notato come i politici si offrono così indifesi ai microfoni? Come Cesare ai pugnali. Ora, mi segua che qui la cosa si fa intrickata: non appena si eleggono nuovi leader per sostituire quelli massacrati, ecco che un nuovo gruppo di terroristi a propria volta dormienti si alza dal proprio lettino di ferro e si fa di nuovo saltare per aria credendo di star semplicemente rivivendo un attentato già avvenuto nel passato: a prescindere da quello che vivano o rivivano i kamikaze dei lettini di ferro, il risultato è che prima o poi per tutti gli altri si innescherà un vero e proprio terrore nei confronti dell’investitura al potere, mentre altri piccoli kamikaze nuovi di zecca continueranno a dormire beati, convinti di sognare un viaggio dopo l’altro un’esplosione dopo l’altra, convinti che basti stringere un pochino le palpebre per risvegliarsi da quella sequenza di visioni di cui loro in realtà sono solo un frammento. Per convincerli è sufficiente cambiare piccoli dettagli tra una missione e l’altra, che so, ecco che dopo il primo “viaggio” gli Arlecchini diventano i Nerini, o viceversa, e dopo una decina di “viaggi” chi se lo ricorda più? Hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!

“La morale? La morale è semplicissima ed è che, macchinario o psyche®, tutti i viaggiatori, prima o poi, in un modo o nell’altro, devono ovvero dovranno pagare per il proprio viaggio. La morale è non ti fidar di me, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!”

[continua l’11 dicembre]