La GIPSI

Per giovane intellettualità della provincia e della sinistra italiane (fin dall'inizio appunto GIPSI) si deve intendere quella fascia di popolazione di ambo i sessi compresa più o meno tra i venticinque e i trent'anni, laureata, residente in centri urbani che vanno dai 50.00 ai 150.00 abitanti circa, e d'orientamento politico dichiarato gauchiste, seppur non necessariamente sfociato nella militanza.

di in: Captaplano

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La GIPSI rimembra volentieri infanzia e adolescenza. Non per desiderio di regressione, che già la provincia satura e rivolta in nausea tali fantasie, e la GIPSI si autodefinisce illuminata per propria consapevolezza, distruggitrice quindi d’ogni illusione o intero dell’infanzia. Il riferimento va soprattutto all’adolescenza, perché il ricordo, ripreso più volte, ripesca e riassesta il mito fondativo dell’incontro e del reciproco riconoscimento. In provincia infatti i nuclei amicali elettivi si tendono a formare e strutturare già durante la scuola e viceversa ad espandersi, frantumarsi, riaggregarsi con molta minor frequenza che nelle grandi città. Anche perché, per costituire le cellule della GIPSI, risultano sì fondamentali le coordinate politico-culturali, che abbisognano di chiarezza ormai adulta su di sé (di qui gli acquisti per vicinanza in università o, meno spesso, per selezione di scompartimento nel pendolarismo ferroviario), ma ancor più importante appare una confidenza adolescenziale che difficilmente si può acquisire in età più avanzata, stante proprio il formato carapace d’ironia e intellettualismo.

A marchiare la tribù della GIPSI, già fatta di reduci a venticinqu’anni, le cicatrici di antiche battaglie con il buon senso sociale e il non senso, e automutilazioni intellettuali. Priva del segno della spranga o della bandiera, lo specifico politico GIPSI si gioca nella frizione col limite (social-provinciale ed esistenziale). È quasi solo quintessenza antropologica: quasi priva di rappresentazione politica reale, storica e contemporanea. Ha bisogno quindi di rinominarsi, per esistere, in una seconda dimensione, nata per vuoto pneumatico sotto l’urgere parietale del limite. In questo specifico caso Banda della Nausea (o BDN con acronimo che strizza l’occhio alle tag delle crew o all’anonimia, potenzialmente criminale, del nickname), che cita certo un romanzo di Thomas Pynchon, testo senz’altro alto nella scaffalatura del piacere, ma forse anche un altro romanzo, sartriano, altrettanto alto nella scaffalatura della ragione, dell’adolescenza GIPSI.

La scuola superiore in provincia delimita anche, ancor oggi, un cerchio preciso di conoscenze che si faranno professionalità. Presso i padri della generazione GIPSI, frequentare il liceo classico della città significava poi, anni dopo, farsi operare da un compagno di classe, chiedere un parere legale a un compagno di sezione, leggere gli articoli sul giornale locale, farsi aprire un conto in banca sicuro, chiedere un piccolo aiuto per il figlio etc. etc. ad altri ex-compagni di scuola. Massoneria o specializzazione universitaria erano superflue in provincia; oggi la GIPSI è costitutivamente più interclassista, ma spesso sembra desiderare, inconsciamente forse, la riproposizione di tale modello nella società, e ancor prima nella scuola, di massa. Creando cioè all’interno della torta provinciale di ambito diverso uno stesso sentire. La geografia fa aggio sul tempo. Medici umanisti, avvocati dei derelitti, economisti schopenaueriani allora? No, la GIPSI statisticamente scaturisce da studi perdenti e si costituisce semmai come sacca vuota, organo vagamente inutile del dinamismo che la comprende. Ancora scollocata più che da collocare, fuori posto anche e soprattutto nel gesto e nel gusto, in tal senso continua all’infinito la delegittimazione dell’adolescenza.

Per giovane intellettualità della provincia e della sinistra italiane (fin dall’inizio appunto GIPSI) si deve intendere quella fascia di popolazione di ambo i sessi compresa più o meno tra i venticinque e i trent’anni, laureata, residente in centri urbani che vanno dai 50.00 ai 150.00 abitanti circa, e d’orientamento politico dichiarato gauchiste, seppur non necessariamente sfociato nella militanza. Nonostante i fattori anagrafici e culturali comuni sopraddetti, nonché il potente fattore unificante dei mass media, sembrino bastevoli a configurare una struttura antropologica sufficientemente omogenea a livello nazionale, per rigore metodologico va subito segnalato che il nostro studio narrativo centra sulla città di Bergamo e sull’ultimo decennio del secolo passato. Ciò comporta l’assoluta minorità del gruppo in esame in confronto alle altre componenti sociali della città, rispetto agli elementi connotanti fondamentali (ovvero livello di scolarità, età, collocazione politica), che segnala certo una continuità regionale con la Lombardia e il Nord-est, e, sorprendentemente forse, con l’Italia meridionale, e nel contempo una discontinuità come le province rosse del centro, ma permette anche un acuirsi, dato dalla più accentuata dialettica, di alcune caratteristiche più genericamente nazionali della GIPSI.

Questa sarà colta dapprima, attraverso gli strumenti del registratore e dell’onniscienza analogica, nel suo ambiente privilegiato. Una casa medio-borghese delle libere professioni, assenti i genitori per un viaggio nei paesi caldi. Il clima pure tipico: bigio e di mezzo inverno. Un sottofondo di musica classica, necessariamente un cd fresco d’uscita (forse suggerito da un programma di radio 3), e del chiacchiericcio ironico verso la propria città e verso sé stessi quali fruitori di musica colta. Oppure, se si vuole una colonna sonora più pop dei tempi, si immagini certi passaggi ossessivi dei CSI o il bianco e nero esistenzialista dei La Crus. La GIPSI si caratterizza fin da ora come freddolosa e casalinga, pomeridiana e lasca, generalmente mahleriana.

1.1

ALBI – O se no si potrebbe fare come Fabio, che ha la sua musica… che mette insieme tutto. Il coro delle ninfette e il tour delle messe in provincia. –

ANDREA – L’arte dell’arrangiamento. –

ESSENZA – Eppure è vero che sono in un loro mondo, i musicisti, io li vedo spesso felici. –

ANDREA – Anche i canarini fanno spesso quell’effetto se li osservi con attenzione. –

ALBI – Poi mi ha scritto la Paola da Londra. Non è stata una partenza inopinata come io avevo opinato la sua, mi dice che quando vedeva le luci di qui, la provincia del miracolo, le sembrava di soffocare, mi dice che là sono sempre ventilati, non è come pensiamo noi, lettori di romanzi dell’Ottocento, la pioggia la nebbia… e poi si può scendere a fare la spesa in vestaglia che non ti dice niente nessuno, non tornerà tanto presto la Paola… –

ANDREA – Tornano tornano… Sono gonfi per i liquori, non trovano la parola in italiano, in realtà non l’hanno mai trovata! E non fanno che parlare dell’Inghilterra, come vivessero nelle colonie. – ESSENZA – E che lavoro fa lassù? Lassù si trova con facilità. –

ALBI – Fa la cassiera in un locale. –

ANDREA – Lavora per quello che ha studiato-o, come si dice da noi con rinculo dialettale. –

ESSENZA – È un locale di musica però. –

ANDREA – Chissà che mangia, non è mai stata una gran cuoca, ti ricordi come rovesciava il tonno in scatola sulla pasta e diceva che era pasta col tonno… lassù non si mangia bene, te lo avrà scritto, questo, non può non avertelo scritto. –

ALBI – Mangia sempre in un ristorante indiano. –

ANDREA – Un brindisi alla Banda della Nausea! –

ALBI – Vediamo un po’… poi c’è Gigi che ha fatto un master a Biella e adesso sta in una filiale di Bolzano, s’è ambientato molto bene, pare. I nostri genitori si frequentano, ha capito che la Lega ha ancora molto da imparare dagli Schutzen quanto ad elaborazione teorica. Era così carino nella geometria delle sue giacche. –

ANDREA, rivolgendosi ad Essenza, – Ma perché parla sempre così lentamente? Dopo aver parlato con Albi due o tre volte hai perso sei mesi della tua vita. In questo appartamento dell’incanto siamo diventati ormai i nonni di noi stessi. –

ALBI – Perché a noi maledetti l’alcol ci ha diluito il cervello. Un brindisi alla Banda della Nausea. Un sorso che è piuttosto pausa di pensiero. –

– No, ragazzi, per davvero. -, mormorò ESSENZA pensierosa, – L’abbiamo ammazzato, l’abbiamo seppellito anche questa volta. –

ANDREA – Sicura di avergli ficcato ben bene un palo nel cuore? Non vorrei ritrovarmi quest’anno nuovo con la stessa faccia. –

ESSENZA – Tutto fatto, Andrea, adesso è l’ora dei buoni propositi, e li voglio seri. –

ALBI – Comincia tu Esse, la tua vitalità di donna, il tuo rinascere ciclicamente come principio femminino… –

ESSENZA – No no, niente: Andrea. Sento che sarà lui a fare Boom. –

ANDREA – Ma, vorrei trovare un lavoro soddisfacente che… –

ALBI – Ehi ma è serio davvero come un funerale. Tu hai l’ossessione, amico mio, davvero, non capisco chi ti ha plagiato in quel modo, sei di famiglia calvinista o cosa? –

ANDREA – Beh, se tornavo da un esame e mi mettevo sul letto mia madre mi guardava in modo strano Albi, e sorrideva; eppure io sentivo come una domanda che aleggiava nella stanza: ma stai lavorando in questo momento? E io mi sentivo in colpa, immancabilmente. Dicevo: sai sto pensando a una cosa che potrei fare… E’ terribile avere il terrore del sorriso della propria madre, io non ho alle spalle una famiglia come la tua Albi. –

ALBI – Piano eh, non offendere i morti per favore. –

ESSENZA – Va bene grandi attori, avevo detto SERI. –

ALBI – Giusto: vorrei essere amato come Jeff  Bridge nel Re Pescatore, e tu Essenza? –

ESSENZA – … Ma io veramente non saprei… –

ANDREA – Un brindisi alla Banda della Nausea! –

ALBI- Allora dovete proprio andare, eh? lo vedo che siete in agitazione, ma non me ne offendo. –

ANDREA – Sì, se no poi chiude e ‘sta sera senza cassetta nuova mi suicido. –

ALBI – Fai bene a programmare il tuo tempo nei minimi dettagli, arriverai alla tomba senza essertene neanche accorto. E tu Essenza che fai, esci col cattolico ‘sta sera? –

ESSENZA – Sì, esco con Ferdinando. Che per prima cosa è intelligente, aperto e dinamico e poi è anche cattolico. –

ALBI – È inutile, non riesce a capire la portata dirompente della sua scelta. È come riproporre il centrosinistra nel proprio privato, una roba terrificante. Anni passati a grattarsi in FGC buttati al vento. Ti piace questo aggettivo: dirompente? –

ESSENZA – Vi dimenticate che Ferdi è un amico, mica stiamo insieme. –

ANDREA – Potremmo molto discutere questa cosa, forse ancora più grave, perché dell’irrazionalità dell’amore sappiamo, ma qui siamo alla Grande Chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa. Mi dovrai spiegare una volta per tutte come puoi conciliare il papa e la tua sessualità indubbiamente di sinistra, James Joyce e Harmony, Ferdicaz e La Banda della Nausea. La metteremo con le spalle al muro un giorno o l’altro, vero Albi? –

ALBI – Un giorno o l’altro… Non volete che metta su il samovar, allora? –

ESSENZA – Davvero no, povero amico, dobbiamo comprare l’acid jazz per Andrea, se no entra in crisi. –

ANDREA – Potresti venire anche tu prima di perdere del tutto l’uso delle gambe, è difficile che possano omologare il tuo divano anche se gli dovessi mettere ruote e fari antinebbia. –

ALBI – Noo, non ho voglia. –

ANDREA – La nostra parola magica, Albi. Dovremo mettere anche lei con le spalle al muro un giorno o l’altro, no? –

ALBI – Va beh, salutatemi la città allora, se c’è qualcosa di veramente strabiliante, che so una bancarella con la polenta calda, mandatemi subito un fax. –

[continua]