Articoli di Leandro Cagnolati

Vorrei però richiamare la tua attenzione sui fastigi di una Repubblica delle Banane che è tutt’uno con il proprio esercito, civile e militare: tra una carezza e un bacio, i militi ignoti stanno disboscando mezza selva maya per far posto alle rotaie del treno a diesel che finalmente sterminerà – ed era ora! – i moscerini autoctoni, una piaga particolarmente invisa ai vacanzieri e agli oleodotti.

Dopo aver ammorbato, con il suo feuilleton pseudoazionista, le coscienze non troppo sveglie delle moltitudini di immarcescibili garofani stinti dal mito dell’Italietta liberal-socialista, il nostro barbuto narciso, una volta abdicato, ha cominciato a praticare l’arte del ventriloquio con i suoi pari.

Erano tempi di straordinari fermenti militari, e l’allora tenente Lagioia seppe approfittarne, bruciando le tappe di una carriera nel Regio Esercito onusta di onorificenze e distinzioni, benché non scevra delle becere invidie dei suoi antichi commilitoni. Nel 2011 capì che finalmente era giunto il momento e, alla guida delle fedelissime truppe di ascari «tutto stupore e ferocia», mosse alla conquista dell’Urbe.

In conclusione, care amiche, vivo in un catatonico stato d’eccezione – come direbbe quel furetto dell’Agamben –, nel periclitante deserto di un con-dominio fin troppo affollato – come scriverebbe quel bel tomo dello Žižek – e, per giunta, le mie riserve etiliche si stanno esaurendo più rapidamente del previsto.

CACCIARI, MASSIMO… Meglio conosciuto come «Il Tombeur dell’Apocalisse». Il suo maggior vanto risiede nel fatto che ha potuto superare, sia a sinistra che a destra, le conquiste dello squisito e compianto Don Giovanni extraparlamentare Lucio Magri: non si contano più, infatti, le danarose e attempate carampane che lo vezzeggiano con mille premure, spettinandogli la formidabile chioma trattata, pare, con un anti-incanutente prodotto in un laboratorio segreto del San Raffaele.

CITATI, PIETRO… Seppur uomo di indomita integrità e sommelier dal fine boccato, cadde più di una volta nell’errore postmodernista di riciclare i suoi stessi testi scambiandoli per quelli di un altro. Fu perdonato.