La rivista è bene in vista

Un intervento di Dario Voltolini, tratto da Tuttolibri (La Stampa) del 12 febbraio 2005, p. 3.

di in: Rassegna stampa

La casa editrice Minimum fax esce con un interessante volume antologico, curato dallo scrittore Antonio Pascale, che raccoglie una ventina di testi già pubblicati su riviste, Best Off, il meglio delle riviste letterarie italiane. Sono racconti, interventi, microsaggi, interviste, recensioni militanti, reportage. Raccontano il nostro enigmatico Paese, ne sondano i lati meno rappresentati dall’informazione di massa e di larga diffusione, se ne fanno un cruccio – del Paese – perché forse poche volte come ora si è avvertita in modo tanto diffuso e persino doloroso la distanza tra ciò che accade e ciò di cui siamo informati. Si vedano per esempio «Portare rolex a san Gennaro» di Maurizio Braucci, tratto da Lo straniero, e «Annalisa, cronaca da un funerale», di Roberto Saviano, tratto da Nazione Indiana. Questa operazione editoriale, che avrà una scadenza annuale di volta in volta affidata a un curatore diverso, si pone tra gli altri l’obiettivo di «far dialogare le riviste tra loro. Proporre ai direttori e ai collaboratori uno scambio di idee», come scrive Pascale. Che aggiunge: «Questo libro è un modesto contributo alla causa cooperativa di scrittori lettori». In effetti il mondo delle riviste è popolato da numerose testate a cui si sono aggiunte recentemente anche le riviste in rete, un fenomeno numericamente rilevante e in crescita. Le riviste in rete hanno costi ridotti e nessun problema di spazio, né di rigidità grafica. Come è fatto questo mondo? Che tipo di osmosi c’è fra la produzione cartacea e quella elettronica? E fra i lettori dell’una e dell’altra? Scorrendo questa antologia si nota che il «dialogo delle riviste tra loro» auspicato da Pascale è quantomeno parzialmente già una realtà di fatto. Molte testate escono sia su carta sia in rete, spesso una rivista ha un sito di riferimento in cui sono archiviati i testi non più reperibili sul mercato tradizionale delle edicole e delle librerie. E altrettanto spesso chi scrive su una rivista in rete, o su un blog, frequenta altri siti con molta fluidità. Esiste una ragnatela di commenti che in rete intrecciano ora l’una ora l’altra testata, ed è frequente che un testo apparso in un sito venga ripreso e ripubblicato in un altro sito, così come non è certo infrequente che articoli usciti su carta stampata vengano ripresi in rete e, soprattutto quando questi provengano dalla stampa quotidiana, dotati di una nuova e meno volatile visibilità. Meno frequentemente avviene il passaggio inverso, cioè dalla rete alla carta. In questo si manifesta una dissimmetria fra le testate che riguarda la diversa elasticità dei due mezzi di comunicazione: la rete ha un’agilità infinitamente maggiore, una rapidità incomparabile con quella delle scadenze di un periodico tradizionale e spesso una redazione ridottissima (alcune riviste in rete sono fatte da una sola persona) che quindi ha una prontezza d’intervento immediata. Il «taglia e incolla» funziona bene dalla carta alla rete, meno bene nel senso contrario. È difficile dare un volto al pubblico delle riviste italiane. Pascale ha ragione a dire che «molte riviste adottano stili diversi, perché fortunatamente le persone che le realizzano spesso non hanno dei canoni letterari cristallizzati» e si può facilmente presumere che una tale varietà di stili conduca prima o poi a una selezione dei lettori che scelgono in base al loro gusto quale linea seguire. Ma se questo è vero per le riviste cartacee, forse è meno vero per quelle in rete, che possono godere di un pubblico per sua natura migrante. Le riviste in rete possono essere estremamente diverse senza che questo necessariamente implichi una selezione rigida del pubblico che le frequenta. Se si confrontano ad esempio I Miserabili, blog quotidianamente aggiornato da un’unica persona, lo scrittore Giuseppe Genna, e Zibaldoni e altre meraviglie, a cura di Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio, ci si troverà di fronte a due idee di letteratura profondamente diverse che tuttavia possono essere fruite da un medesimo pubblico, come non accadrebbe se si trattasse di riviste tradizionali, da libreria. Quello che così diventa difficile quantificare è il numero dei lettori in rete, perché se anche si può stabilire per ciascun sito il numero di accessi, la somma di questi non ci dice niente, o ci dice poco, sulla quantità totale dei lettori, proprio perché molti potrebbero essere frequentatori comuni e, nel caso estremo (meramente ipotetico, è ovvio), 5.000 accessi al sito A più 5.000 al sito B più 5.000 al sito C potrebbe dare come risultato… 5.000! Invece è possibile ritenere che questo pubblico sia tendenzialmente giovane e vada a poco a poco costruendosi come una comunità con sue regole, idiosincrasie e gusti magari contraddittori al proprio interno, ma tale da non incoraggiare il diffuso pessimismo sulla figura del lettore italiano che il semplice mercato cartaceo invece confermerebbe in modo allarmante. Abbiamo parlato di riviste letterarie solo perché Best Off antologizza da questo ambito, ma occorre ricordare che sovente queste riviste, in rete, non sono prettamente letterarie. In rete la letteratura e la narrativa in generale si presentano mescolate a interventi militanti, a saggistica varia e interdisciplinare, a sezioni di servizio – come le recensioni e le segnalazioni – e a discussioni di varia natura e qualità. Nazione Indiana ha come collaboratori architetti e scienziati, tra gli altri, e Carmilla on line è decisamente un luogo di discussione politica tra i più radicali. Le riviste in rete aperte ai commenti dei lettori, come segnala Pascale, possono essere invase da «spam» come le nostre caselle di posta elettronica, tanto quanto possono essere arricchite da contributi volontari di alta qualità da parte dei lettori. L’apertura di uno spazio che può essere virtualmente infinito ha il suo prezzo. In ogni caso quello che si può dire con ragionevole certezza è che il mondo delle riviste in generale, ma soprattutto da quando è praticabile l’opzione informatica, nel suo caos è molto vitale e ricco di contenuti. Il lavoro che lo scrittore Giulio Mozzi va facendo da tempo con la sua Vibrisse è a tutti gli effetti un servizio editoriale altamente qualificato, sia come copertura sia come tempestività, e come tale è fruito da chi si occupa di libri, scuole di scrittura e appuntamenti culturali sul territorio. La serie di link che un sito letterario mediamente offre al navigatore gli permette di accedere comodamente a siti molto diversi da quello di origine. Tuttavia questa vivacità intellettuale è poco e male intercettata dai mezzi di informazione tradizionali, se non addirittura negata, come si può leggere nell’articolo di Alfonso Berardinelli «L’oblio delle riviste culturali» sul Foglio dell’8 febbraio. Se ci si dovesse fare un’idea di questo mondo unicamente sfogliando le pagine dei giornali, i periodici generalisti di alta tiratura, le pubblicazioni accademiche o guardando la televisione, il panorama apparirebbe mestissimamente desolato. Possiamo tentare due spiegazioni ipotetiche di questo fatto, di questa scollatura fra ciò che è e ciò che in certi luoghi appare. La prima è che si tratta di una scollatura contingente che a poco a poco, crescendo d’importanza e di qualità il dibattito culturale nelle riviste, sarà ricomposta (e il libro curato da Pascale è un esempio significativo di visibilità per così dire conquistata sul campo). La seconda, più inquietante, è che la struttura stessa di controllo e produzione dell’informazione diffusa rende quest’ultima intrinsecamente cieca, o almeno miope, di fronte a un fenomeno che invece per sua natura è anarcoide, libero e autoprodotto.