Zibaldoni e altre meraviglie, rivista online presentata da Celati

Recensione di NATASCIA FESTA tratta dal Corriere del Mezzogiorno (Corriere della sera) del 29 aprile 2003.

di in: Rassegna stampa

Quando la scrittura non è collocabile in nessun genere non resta che inventare il genere dell’assenza dei generi e il gioco è fatto. Nasce più o meno da questo presupposto «Zibaldoni e altre meraviglie», il trimestrale di “racconti, studi, pensieri e stupori letterari” – rigorosamente virtuale – firmato da un campano ed un pugliese, Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio . E già al secondo numero la rivista è stata indicata come una delle più originali del panorama nazionale ( Andrea Cortellessa su «L’Indice»).

A De Vivo, che è nato e vive ad Angri, in provincia di Salerno, si deve un’originale raccolta pubblicata nel ‘99 da Feltrinelli, “Racconti impensati di ragazzini” con una lunga lettera di Gianni Celati come viatico. Ma qui lo scrittore di “Narratori delle pianure” fa di più, firma una sorta di “manifesto” per una poetica (o meglio per una non-poetica) della rivista. E la definisce la linea leopardiana della prosa: «Mai linea retta, linea sempre erratica e frammentaria, mobile e sospesa». E poi: «La nostra letteratura non possiede un altro esempio del genere (lo zibaldone ndr) con il fraseggio che scivola a ogni pagina tra diversi punti di un orizzonte sempre impedibile, incontornabile. A ogni pagina si passa da un tema all’altro, da un punto teoretico all’altro, senza mai una visione riassumibile in una teoria conclusa. Si va avanti per squarci, per onde di pensiero, per richiami momentanei e parziali a un orizzonte esterno».

Antigenere per eccellenza, lo zibaldone dà diritto di esistenza alla pagina anarchica in cui la scrittura è eminentemente strumento conoscitivo, a partire da se stessa.

In una sorta di istruzioni per l’uso della rivista De Vivo e Virgilio si cimentano in una possibile definizione dello sfuggente oggetto letterario: «Uno zibaldone è un gran calderone di scrittura ancora fumante nel quale un autore ripone il materiale frammentario della propria ricerca, che è innanzitutto ricerca di uno stile, di un ordine, di una disciplina».

Scartafacci, faldoni, brogliacci, tutto quello che è prima dell’opera – se opera sarà -, ma anche quello che è rimasto fuori finisce in questo pentolone delle meraviglie.

La letteratura è come la truciolatura in una bottega di un falegname (lo diceva Giancarlo Mazzacurati). Per un arnese fatto rimangono frammenti e schegge, tacche e zeppe di cui solo qualcosa si riutilizza, mentre altre restano definitivamente incollocabili.

«Zibaldoni ed altre meraviglie» è per di più una bottega in cui i trucioli non sono accidente ma l’unico prodotto previsto.

I curatori, però, mettono alcuni paletti, sgombrando il campo da eventuali sconfinamenti in generi letterari prestabiliti e distinguono lo zibaldone dalla scrittura diaristica, dall’aforisma e dall’autobiografia sebbene quest’ultima, come dimostra la sezione dello Zibaldone di Leopardi intitolata “Memorie della mia vita”, sia uno dei tanti materiali possibili.

Trasversale nei generi, «Zibaldoni» lo è anche geograficamente e recluta brogliacci eccellenti da Nord a Sud. Per restare in Campania troviamo i versi dall’Irpinia d’Oriente di Franco Arminio e , nella sezione “Preludi”, una sorta di stilizzata operetta morale in frammenti dell’avellinese Livio Borriello. E sempre a Sud incontriamo Rocco Brindisi a Potenza e Mario Valentini a Palermo. Fino all’Africa con Paolo Cartocci ad Addis Abeba. Ma ci sono anche dieci preziose poesie di Paolo Ruffilli e una intensa pagina di Erri De Luca che accompagna le illustrazioni del secondo numero, firmate dal raffinato pittore napoletano Giuseppe Caccavale : «Quando ci stacchiamo dal posto di origine – scrive De Luca – noi di sud siamo denti cavati da mascella. L’estirpazione non lascia radici, ma la forma di un vuoto, un buco estorto. Ce ne andiamo col nostro dialetto ammaccato, lo pronunciamo poco, dentro un affanno, in qualche canzone. E la cantiamo per chiamare fuori quelle sillabe svelte, sempre più corte, facili e prime, dell’italiano che arriva secondo, sempre. Chi lascia il sud se ne fa disertore. Giuseppe e io veniamo da laggiù…».

Per questa ed altre meraviglie rimandiamo al sito www.zibaldoni.it.