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Come già l’infelicità familiare, anche l’alcolismo conosce mille versioni diverse. Memo beveva, ma beveva in modo irripetibile perché la sua misera gioia, o meglio la festa teatrale in cui consisteva la sua vita, fra i tavoli del bar non trovava slancio, amplificandosi a dismisura, né si affievoliva, piuttosto si spogliava di ogni eccesso, tanto che, nelle consuete e improvvise contorsioni che imprimeva al suo corpo mentre parlava delle ultime avventure, non c’era traccia di affettazione, né di ricerca del consenso o di uno sguardo compassionevole.

Medico. Commercialista. Ingegnere. Perfino storico dell’arte suonava bene. E io? Letterata…? Le serate con gli amici erano diventati momenti strani, in cui si parlava di cose adulte, a tavola: ambizioni, curriculum spediti, titoli di studio da portare con orgoglio agli incontri di lavoro.

La mia pancia cambiava addirittura forma, con bozzi che si spostavano qua e là, e dovevamo monitorarla, ammansirla con le medicine e tenerla ferma perché, non si sa come mai, a volte succede così: la creatura vuole nascere troppo presto e alla mamma tocca stare con il corpo immobile e una flebo per braccio, nelle braccia bloccate sul lettino.

Ma intanto, anche il rito del conteggio annuale degli interessi era cessato. Gli impiegati continuavano, e continuano tuttora, a contar denaro con agili mani, ma di interessi al povero risparmiatore ne giungono sempre meno e il conto in banca è sempre più costoso.

… in ultimo, il professore sostiene che ci sono autori che per loro stessa costituzione della persona biografica, si prenda Leopardi o quel pingueforme di Montale o quell’individuo manicomiale di Campana o quell’allampanato di Giacomo Joyce o quell’asmatico di Marcello Proust, si possono considerare dei positivi al covid ante-litteram!