Cartoline d’autore

A cura di Danilo Laccetti

Come abbiamo piacere ad offrire, quando veniamo supplicati, il meritato consenso, così non amiamo che per mezzo dei nostri favori s’ingannino le leggi, soprattutto in quel frangente che a nostro avviso coinvolge la venerazione di Dio. Non si deve dare l’impressione, dunque, che chi ha ricevuto un favore possa eccedere, abbandonato dalla grazia divina.

In quei giorni, ricordo, mi svegliavo di colpo; pensavo a Linda e mi pareva di avercela accanto. Ma poi stavo nel letto con gli occhi chiusi e pensavo a tutt’altro; mi pareva di averci un grosso affanno e di essere come un bambino, più solo di un cane, aver fatto qualcosa di brutto e di senza speranza. Non avevo più scampo, non osavo sentirmi, avrei voluto non svegliarmi e morir lì. Neanche l’idea che se un giorno avessi avuto Linda accanto l’avrei presa, mi bastava. Mi facevo pietà, quest’è il fatto. Ero come un bambino che mettono nudo sul tavolo e poi mamma e sorelle se ne vanno di casa. Nascondevo la testa e mi affannavo.

Che poi se qualcuno, vòto di colpa, era incappato per caso nella sua amicizia, con la quotidiana frequentazione e la lusinga facilmente veniva reso uguale e simile agli altri. In summo grado, però, andava cercando, come amici, gli adolescenti; la loro mente, in ragione dell’età, debole e volubile veniva conquistata senza ostacolo.

Ogni artista cerca di smontare il meccanismo della sua tecnica per vedere com’è fatta e per servirsene, se mai, a freddo. Tuttavia, un’opera d’arte riesce soltanto quando per l’artista essa ha qualcosa di misterioso. Naturale: la storia di un artista è il successivo superamento della tecnica usata nell’opera precedente, con una creazione che suppone una legge estetica più complessa. L’autocritica è un mezzo di superare se stessi. L’artista che non analizza e non distrugge continuamente la sua tecnica è un poveretto.

Inoltre ordiniamo alla vostra venerabile assemblea di riferire ai maestri di letteratura in servizio che allo stesso modo in cui vengono a sapere della nostra preoccupazione in merito ai loro salari, così sappiano che con maggiore impegno devono perfezionare lo sviluppo educativo dei giovani.

Tutti avevamo un’incoscienza in questa guerra, per tutti noi questi casi paurosi si erano fatti banali, quotidiani, spiacevoli. Chi poi li prendeva sul serio e diceva “È la guerra”, costui era peggio, era un illuso o un minorato.

Costui dopo il dominio di Lucio Sulla era stato invaso dalla summa voluntà di conquestare la repubblica; né nutriva un po’ di rimorso sulle modalità con le quali ottenere ciò, purché si procurasse il regno. Giorno dopo giorno sempre più l’animo fiero s’angosciava per la povertà del suo patrimonio e per la consapevolezza dei delitti, l’una e l’altra accresciute grazie a quei metodi precedentemente menzionati. Lo spronavano, poi, i comportamenti di una cittadinanza corrotta, cittadini che due sciagure perniziose e fra loro deverse, lo sfarzo e l’avidità, affliggeva.

Ad ogne uomo, che si sforza di superare i restanti esseri viventi, con tutti i mezzi possibili s’addice lo slancio di non attraversare in silenzio la vita come le greggi, che plasmò la natura prone e sottomesse al ventre.