Cino arringava la folla borgosesiana alle ore sedici, quattro botti al campanile, dopo che venti partigiani ebbero occupato la stazione e interrotto le comunicazioni telegrafiche e telefoniche. Sul furgone riposavano alcuni sacchi di vettovaglie e seimilatrecentosessantasei lire della Banca Popolare. Gli ultimi bagliori davano orizzontali nelle finestre di ponente. Jacopo, dietro al fucile, vide che, [continua]

Tempo fa, la conduttrice di Linea Verde su Rai 1 era in un forno di un qualche paese italiano, non so dove. Parlava col fornaio, poi a un certo punto s’è diretta decisa verso la telecamera e ha esclamato: Pensate!! Questo pane dura anche una settimana!!! Il calore che emanava dall’affermazione aveva una sua ragion [continua]

Ero preoccupata e irritata. Preoccupata perché il giardino della casa che avevamo appena preso in affitto, trascurato da troppo tempo, era in uno stato semiselvatico rispetto alle altre case del quartiere. Le quali, non avendo recinzioni, facevano ognuna bello sfoggio delle loro siepi scolpite, i fiori delle aiuole in tinta l’uno con l’altro, i canali [continua]

Ma senti questa, che ti sembrerà un’allucinazione veracissima. C’è chi esalta la guerra, la mette in cima a tutte le altre cose, e non appena s’innalza un’insegna e si sente la tromba che chiama alla raccolta, lui va, corre e si arruola. È preso per la gola e ingannato da quattro bigliettoni sparsi sopra una [continua]
Come te Tanti me lo dicevano (forse erano le mie voci): devi entrare in manicomio. Ma non erano le voci persecutorie che mi tuonavano dentro: “Lavora! Véstiti! Làvati! Spòsati!”. Queste non mi affliggevano affatto, erano persuasive e tenere, capivano tutto della mia vita di girovago e di copista, sapevano come fosse inconciliabile con la vita [continua]

Parole basse, sdraiato accanto alla moto rubata, nella cantina, con le viti del carburatore fra i denti, guanti di morchia d’unto, polvere rappresa nelle linee dei calli. In tutto quel nero gli occhi celesti: «Perché, te cos’è che speri?». Una galleria di ruote di bici, pistoni, pedivelle, ammortizzatori, mastice, olio, pezzi smontati e forme perdute. [continua]

Me la immagino, la prima espressione sul volto dei musicisti che giungono quassù in provincia a suonare d’estate. Sono giovani, giovanissimi a volte, la faccia liscia degli adolescenti che fanno atletica, le mani grandi e robuste da adulti; oppure vecchi, a volte vecchissimi, leoni in disarmo, reliquie di epoche e di scuole interpretative passate, tutti [continua]
Le alici

… e la corrente ci batosta, ci sbatte senza appigli, ci sparpaglia nella tempesta… solo insieme restiamo vivi nonostante la perturbazione. ma poi tutto rientra, si ricompone la calma e la solitudine ci raccoglie nella sete di cose solite. certo un bagliore ci attrae, lo spavento sta sempre in agguato. eppure ogni cosa rientra al [continua]

Quando si supera la rotonda di via Ucelli di Nemi e si entra in via Rainer Maria Rilke, anche a bassa velocità, si è presi da un certo disagio, si avverte nella testa come una specie di fastidio, come quando si sente il cigolio di una porta o il rumore stridente di un gesso su [continua]
Nella maggior parte dei casi, quando si parla di trama si fa riferimento al plot, al rapporto tra fabula e intreccio, vale a dire all’ordine del racconto. Se invece considerassimo per un momento il discorso narrativo dal punto di vista retorico, sarebbe forse più opportuno valutare ciò che potremmo definire il rapporto tra l’ordine d’invenzione, [continua]

Casupole bianche intorno, e un cerchio di donne, in fondo allo stradone il mare, con le sue scaglie di luce che dopo il tramonto perdevano l’oro e si spegnevano. A quell’ora Arianna prendeva a raccontare, vecchia tra le vecchie donne dell’isola. Sulla parte vuota del lastricato fiori dipinti col gesso, e bambini seduti in cerchio [continua]

Quando, molti anni fa, cominciai per diverse ragioni a frequentare Modena, nei miei giri senza meta per la città una scappata alla Delfini ce la facevo sempre. La prima volta mi ci aveva portato un amico un po’ più grande di me, che qualche tempo prima mi aveva prestato da leggere il Ricordo della Basca, [continua]
Sabbioneta

Il viaggio di cui si fantastica qui non è, ovviamente, mai accaduto: Giacomo Leopardi declinò l’offerta di una cattedra di filologia dantesca presso l’Università di Bonn perché intimorito dal rigido inverno tedesco. Ho voluto comunque immaginare quel viaggio in compagnia dell’amico Bunsen, colui che in effetti gli aveva offerto una cattedra in Germania e quindi la risoluzione degli assillanti problemi economici. Le mie fantasie vogliono essere un’occasione per rendere omaggio alla poesia e al pensiero del grande Recanatese, anche in rapporto alla cultura europea a lui contemporanea e posteriore – e per ribadire, se ce ne fosse bisogno, quanto determinante sia Leopardi per noi, suoi balbuzienti epigoni. Motivo non ultimo di questo mio fantasticare è il legame tra ZIBALDONI E ALTRE MERAVIGLIE e l’autore dei Canti. (A. D.)


