Ore 15 Se resto in casa quando fuori c’è ancora il sole, mi sento in colpa come se sciupassi il pane. Bambini in strada si chiamano di rione in rione per una partita da disputare contro la squadra del paese vicino. Saltano sulle panchine, sul sagrato della chiesa. Urlano i nomi dei compagni per completare [continua]

Roberto Papetti è un giocattolaio che vive a Ravenna. Ha costruito, nel corso della sua vita, migliaia di giocattoli con cui ha intrattenuto e intrattiene bambini e adulti in manifestazioni in giro per paesi e città, scuole e centri per l’infanzia. In un libro pubblicato qualche mese fa, Tintinnabula (Artebambini, Bologna 2006), Papetti ripercorre le tappe della sua [continua]

La letteratura, ha detto Giorgio Manganelli, è menzogna. Ma la menzogna è il suo rigore: “tutto è esatto e tutto è mentito”. Cerimoniale bugiardo, essa “possiede e governa il nulla”. Niente di tutto questo in Walser. La sua scrittura non mente e ancor meno governa il nulla.

Il silenzio del rumore delle valvole a pressione I cilindri del calore, serbatoi di produzione”. Franco Battiato, Pollution Voglio odorare il sapore celeste del ferro Voglio vedere il profumo sanguigno del fuoco Esiste lo so! Onoro il braccio che muove il telaio Onoro la forza che muove l’acciaio”. CCCP, Socialismo e barbarie Non riesco ancora [continua]

Nei giocattoli c’è un qualche dio nascosto, molto puerile ma molto sfrenato. I giocattoli non hanno organi, come diceva Kleist, ma sui loro corpi si innestano pròtesi di tutti i generi che scatenano balzane fantasie. Collo torto argento olivo Nuca da ragioniere Testa tubo catodico a popone E il cucuzzolo scintoista del Giappone Bocca merla [continua]

Quando c’era la Fera di Zangh, che era più la grande dell’anno, e capitava d’autunno, c’erano quelli che affittavano il letto ai forestieri, e i padroni di casa dormivano sulle scale. Sapevano infilarsi nella Sala Roma, al cinema Stabile meglio di un raggio di sole. Odoravano di mosto pure gli angeli custodi, gli piacevano gli [continua]

In un passo di Umano, troppo umano di Nietzsche, tratto dal paragrafo Il libro diventato quasi un uomo, si legge: “È cosa che non finisce mai di sorprendere uno scrittore il fatto che il libro, non appena si sia staccato da lui, continui a vivere una vita per conto proprio; per lui è come se [continua]

«Io non sono costretto a scrivere. Al contrario, quando devo scrivere qualcosa, mi dico: come mai non ho potuto impedirlo?». Queste parole siano ingaggiate come epitome dell’opera di Hans Wollschläger, il cui gesto estetico, estremo nella sua sicurezza, strapotente in tutte le sue declinazioni, in Germania – con una tale simultaneità di impieghi – non [continua]

Davvero mi è capitato per alcuni attimi di trovarmi a passeggiare con Kafka. Era una bella giornata di primavera a Merano, Maia Bassa, in una strada, fra orti e giardini, luminosa e deserta che portava alla pensione Ottoburg… Ma è meglio forse procedere con ordine. Kafka mi ha sempre attirato e respinto per quel mondo [continua]

Ah, consumatrice di spettacoli Dove sei stasera? al cine? Sei andata a vedere il film che ha vinto il Leone di Venezia O quello che ha vinto l’Orso di Berlino? Era quello che parlava di uomini e donne Se non sbaglio Di un rapporto Che tu chiamavi intrigante Ammirando la complicità che hai visto fra [continua]

I. Nella prima delle quattro parti che compongono Vertigini di Winfried Georg Sebald,  Henry Beyle, a cinquantatre anni, rievoca l’impresa del passaggio del Gran San Bernardo, cui aveva partecipato diciassettenne a seguito delle truppe napoleoniche. Si tratta di una lunga riflessione sulle incertezze della memoria. Nel ricordo di quella fatica, fra tanti episodi, le immagini [continua]

ho finalmente un cazzo che tocca con la punta l’infinito. quando incontro una donna lascio che sia ogni atomo a gioire e sento che anche il cielo è un osso assai sotttile. non era così fino a quando avevo gli occhi pensosi e il corpo interrato nella polvere del mondo. sono quarantasette anni che butto [continua]

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