Saranno, dunque, Zibaldoni d’eccezione, quelli che vedranno la luce, in un duplice senso: per lo stato in cui sembrano piombare sempre più le nostre comunità, e perché siamo convinti che la letteratura, a maggior ragione in una situazione del genere, deve ancora di più fare eccezione, staccandosi dall’attualità

«Dovevo questo testo a Zibaldoni e altre meraviglie dal 22 dicembre 2002, giorno della sua fondazione. Ci sono voluti 15 anni esatti e un lungo apprendistato affinché venisse fuori. Ringrazio Walter Nardon per averlo indirettamente sollecitato e tutti coloro che hanno collaborato e contribuito alla crescita di Zibaldoni fin qui, fino alla fine della sua adolescenza, o forse più semplicemente fino alla fine». [Edv]

Poche parole che non ricordo più è come un sogno inafferrabile. Il lago attorno a cui si svolge la narrazione ha evocato in me l’immagine della pozza d’acqua, di un verde misterioso e abissale, che mi fu rivelata dall’indovino Ambakene del villaggio dogon di Yendumma, acqua protetta e segreta, nascosta tra le rocce nel cuore del villaggio, sacra perché in essa era tutto il sapere del tempo antico, passato e presente” [B. F.]

S’intitola Il geografo e il viaggiatore. Lettere, dialoghi, saggi e una nota azzurra sull’opera di Italo Calvino e di Gianni Celati (Effigie, 2017) l’ultimo libro di Massimo Rizzante, poeta, saggista, traduttore e docente di Letterature comparate all’Università di Trento. Lo stesso Rizzante l’ha definito un libro su un’amicizia, quella tra Calvino e Celati, ma anche sull’amicizia come forma, forse l’ultima, in grado di renderci meno scontenti e più in dialogo con il mondo, ovvero meno sentimentali e più sensibili.

Aveva sempre considerato una colpa imperdonabile essere uscito per la prima volta dalla città a quattordici anni. Quattordici anni e tre mesi, a dirla tutta, mentre la media dei suoi coetanei a quell’età aveva già esplorato l’intera gamma di attrazioni dei cinque stronzissimi luna park della provincia. Sei mesi dopo non aveva ancora finito di [continua]

Uno crede di inventare chissà che, e i lettori lo assecondano pure in questa presunzione, gli danno del visionario, dell’affabulatore, poi, ecco, basta uscire di casa, girare un po’, e si scopre che le proprie invenzioni sono sempre modeste, pallide, e che la realtà ne escogita sempre di più folli. Presentando “Le pietre” in giro [continua]

Mentre scrivo questo breve ricordo di Mario Marti, ho fra le mani il suo “Leopardino” del 1944, il volumetto uscito nella prestigiosa “Biblioteca del Leonardo” dell’Editore Sansoni, quando il suo autore era ancora impegnato sul fronte di guerra. Il libro sulla formazione del giovane Leopardi, che è una rielaborazione della tesi di laurea alla Normale [continua]

a Luigi Grazioli   “Sarahs, Sarahs, come carta che fruscia… si chiamava così…”.   ***   E sempre insieme entriamo, passando per un ingresso privato, in un negozio di giocattoli e souvenir. È un ingresso cosiddetto notturno, risalente secondo il padrone del negozio al medioevo ma in realtà di epoca assai più tarda (ma non [continua]

Dalle nostre parti agli inizi di gennaio può succedere di tutto: può soffiare da sud-est, dalla Siria, dai deserti dell’Egitto e della Libia, lo scirocco con nubi nere e veloci che trascorrono nel cielo e riversano il loro carico solo quando il vento si placa, oppure può nevicare se dalla Russia e dal Baltico, attraverso [continua]

ENRICO PALANDRI, Boccalone. Storia vera piena di bugie Bompiani editore, 2017 – Collana: Tascabili narrativa   Per Bompiani, con una foto di copertina d’Enrico Scuro, torna in libreria il debutto di Enrico Palandri, Boccalone, trentotto anni dopo la prima edizione per L’Erba Voglio, la creatura editoriale di Elvio Fachinelli. Ambientato a Bologna, negli anni del movimento, [continua]

Inseguire il tema dell’ustione per scaldarmi e bruciarmi al magistero di chi sa additare una via alla parola; mi affido così a René Char poeta-fabbro, poeta-maniscalco, poeta dal grembiule di cuoio – ed ecco la scintilla esplosa fuori dalle braci che brucia e incenerisce quel cuoio. Siamo nelle  Vicinanze di Van Gogh, ove appunto “una [continua]

Alla mantagnata, arretu alla mureddha, nu zangone stia vicunu a na cicureddha. Stise lu zangone pe longu na fujazza pe na dichiarazione ca vulia li fazza. “Me voi?”, li disse, “tie mi piaci tantu, su nu zangone bonu, … mai pe vantu”. “Camina” respuse superba la cicureddha, “iu nu su pe tie, iu su troppu [continua]

Dopo l’esordio nel 1997 col romanzo Dei bambini non si sa niente (Einaudi), tradotto in diverse lingue e oggetto di molte discussioni per il contenuto scabroso, un crudele e tragico gioco sessuale tra due bambine e tre adolescenti, Simona Vinci ha dimostrato di essere una scrittrice dall’immaginario potentemente visionario e dalla lingua fortemente espressiva, un’autrice autentica e sincera, capace di mettersi in gioco fino in fondo, come dimostra l’ultimo libro, Parla, mia paura, pubblicato a settembre da Einaudi e in cui racconta le sue crisi di panico, la depressione che l’ha spinta a tentare il suicidio e finalmente la guarigione grazie alla psicanalisi.

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